Sciopero Cup – Il comodo ombrello delle coop sociali

Lunedì 4 dicembre, sciopero del Cup (Centro unificato di prenotazione sanitaria): in piazza a manifestare quasi tutti i 114 dipendenti delle tre cooperative sociali (La Cruna. Il Pellicano Verde, La Rimessa) che gestiscono questo servizio.
I motivi sono chiariti nel volantino: “Molte persone pensano che tra noi e gli sportellisti Asl non ci sia alcuna differenza: magari! … Ciò che cambia è il datore di lavoro: il nostro non è un ente pubblico ma sono tre cooperative sociali che lavorano per conto di Datasiel che non è altro che un intermediario tra le Asl e le cooperative. Questo cambia in peggio le cose … in primis la retribuzione che a parità di orario è inferiore di circa 250 euro mensili a quella dei dipendenti Asl …”. Il volantino elenca poi i motivi di disagio dovuto alle precarie condizioni ambientali in cui si svolge questa attività. La lotta quindi è “contro le cooperative, contro Datasiel, contro questo sistema di appalti e subappalti che scarica sui lavoratori la riduzione di costi di gare d’appalto al massimo ribasso”.


I passaggi economici da Asl a Datasiel, da Datasiel alle Cooperative e, ultimo anello, dalle cooperative ai lavoratori, sono avvolti da una nebbia difficile da dipanare per gli stessi sindacati.
L’indagine sui call centers genovesi presentata a giugno dalla Cgil aveva già indicato i punti critici di questa realtà: l’inaccettabile doppio regime contrattuale tra gli sportellisti Asl e i lavoratori Cup; le condizioni di lavoro gravose a causa dei ritmi e degli stress dell’attività di call center; le condizioni ambientali (rumore, microclima, igiene) al limite dell’inaccettabilità; l’estrema difficoltà (date queste condizioni) a reggere un orario superiore alle sei ore giornaliere con conseguente ulteriore deprivazione salariale; la deprimente sensazione di svolgere un lavoro totalmente svalutato ma, nello stesso tempo, difficile: interazione solo vocale con utenti irritati e delusi per le lunghe liste di attesa, spesso anziani, malati, a volte stranieri, che non riescono a comunicare correttamente i dati della impegnativa del medico, persone che chiedono conforto e rassicurazione.
A sfondo di tutto ciò l’incapacità organizzativa dei dirigenti delle cooperative che non sono riusciti a fare fronte alla rapida espansione dimensionale dell’impresa (dai 54 dipendenti del 2003 ai 114 attuali), e il cinismo dei committenti che utilizzano l’ombrello delle cooperative sociali per scaricare i costi sulle fasce più deboli del lavoro.
I lavoratori mi dicono che né l’indagine, né la successiva visita ispettiva della Asl sulle condizioni di igiene e sicurezza hanno prodotto alcun cambiamento: totale sordità. Oggi l’attesa è che dalla Regione venga finalmente una parola di chiarezza.
Dal Tgr delle ore 14 si riesce a capire che i dipendenti di queste cooperative che “lavorano per Datasiel” guadagnano molto meno dei loro colleghi della Asl, ma la catena di travasi che costituisce il vero snodo del problema e il ruolo della Regione restano in ombra.
(Paola Pierantoni)