Università – Sulla materia grigia l’occhio del tutor
Fino a 5 o 6 anni fa, nella Facoltà di lettere e filosofia, un’apposita commissione di professori aveva il compito di guidare gli studenti nei meandri del piano di studio. A supportarla c’erano, decisivi, il tam tam studentesco e i funzionari della amministrazione. Poi le cose sono cambiate: mentre tam tam e amministrativi sono rimasti sul campo, i professori hanno affidato il loro compito a giovani tutor scelti tra i laureandi della Facoltà. Gli studenti ci hanno probabilmente guadagnato: meno imbarazzo nei rapporti personali e certezza degli orari di ricevimento. La Facoltà invece ha perso una occasione ( restano gli esami, si capisce) per sapere chi siano i suoi studenti, la materia grigia con cui – così dice nella pubblicità che ha prodotto – vorrebbe entrare in contatto.
Un tutor è prima di tutto un fatto economico: 6 ore a settimana; 120 ore l’anno, a circa 10 euro l’ora ne fanno 1200 – “circa”- alla fine dei 12 mesi. Abbastanza appetibile per i sofferenti bilanci giovanili. Primo problema l’arruolamento: ti fanno passare tre colloqui. Il primo con lo psicologo: prevedibile. Il secondo di conoscenze informatiche: accerta se conosci lo smanettamento essenziale per viaggiare sulle materie, comporre il piano ecc. Complessivamente facile. Il terzo è l’attitudinale. Te lo fa un professore che deve accertare se hai le caratteristiche giuste per filtrare la massa degli studenti in modo da ridurre il più possibile il numero degli studenti che vorranno comunque parlare con un prof.
La prima fase dell’incarico del tutor si svolge nel periodo di immatricolazione, quando sei chiamato a promuovere (decantare ecc.) la tua facoltà. Forse il termine più appropriato sarebbe adescamento. Il “salone dell’immatricolazione” somiglia in quei giorni a un luogo dove si svolge una specie di guerra civile dell’ateneo; qui l’impiego di ogni arma – intesa come argomento, lusinga ecc. – è lecito. La seconda fase è invece tutta interna alla Facoltà e si svolge durante il periodo di compilazione e consegna dei piani di studio. Il tutor supporta lo studente in una operazione che, se non può dirsi complessa, è tuttavia macchinosa. Il tutto si svolge in un’apposita sede, l’aula O. Dire aula O a chi bazzica le sedi di Lettere e filosofia in via Balbi è un po’ come parlare del punto G: tutti sanno che c’è ma nessuno è in grado di indicare con precisione dove si trovi. Quando poi lo si scopre c’è motivo per restare delusi.
Di tutor ne esistono tre varietà: il “tutor-e-basta”, cioè l’esemplare appena descritto; il “tutor didattico”, un vero e proprio ripetitore pagato dall’ateneo che ha tra l’altro il compito di contattare telefonicamente studenti fuori-corso, informandosi sulla ragione del loro ritardo negli studi (sulle reazioni di questi ultimi si potrebbe tornare). Infine vi sono i tutor per disabili.
La figura del tutor è così popolare che c’è anche chi ha pensato di farne uno strumento di penetrazione politica. Il mese scorso studenti di Comunione e liberazione, ad un loro banchetto, strategicamente collocato al centro dell’atrio di Balbi 4, offrivano, oltre la loro esperienza di tutor, anche caramelline e bon bon.
(The Pupil)