Storie – Ma interessa la sorte dei ragazzi immigrati?

Nei giorni scorsi Livia Pomodoro, presidente del Tribunale dei minori di Torino, ha presentato a Genova il suo libro “A quattordici anni smetto”, editore Melampo. Dodici storie di minori stranieri che la giudice ha reso sotto forma di brevi racconti: un tentativo di “narrazione civile” per richiamare l’attenzione sulle singole persone, per uscire dalla astrattezza delle leggi e della burocrazia, per sottolineare che la storia non galleggia sull’aria, ma si costruisce attraverso i destini individuali.


Le storie narrate sul libro e i commenti che hanno accompagnato la sua presentazione descrivono un quadro di grande inadeguatezza e spesso anche di profonda indifferenza nel modo in cui legislatori ed istituzioni si pongono di fronte ai destini dei bambini ed adolescenti stranieri in stato di abbandono. Distrazione, impreparazione e prevalenza di stereotipi caratterizzano anche, viene detto, il modo con cui la politica affronta la realtà dei giovani immigrati di seconda generazione. In realtà di queste ragazze e ragazzi non importa granché a nessuno.
Dalle narrazioni e dal dibattito che si è svolto nell’aula di Balbi dove è avvenuta la presentazione del libro, viene messa in discussione anche la coazione di affrontare il problema dei minori in stato di abbandono attraverso la logica della famiglia “ad ogni costo”. In realtà i casi di fallimento delle adozioni internazionali sono frequenti e drammatici, e il divario tra le aspettative affettive degli adulti e le possibilità a corrispondervi da parte dei bambini/ragazzi è a volte incolmabile. Sembrerebbero necessarie soluzioni intermedie fondate sulla presa d’atto di questo squilibrio di aspettative e possibilità.
Nel corso del dibattito viene spesso chiamato in causa anche il ruolo dei mezzi di informazione. La campagna di stampa sulle “baby gangs” latino americane viene definita da Livia Pomodoro una “montatura di panna”. I media costruiscono il fenomeno, e i politici assumono la rappresentazione dei media come la realtà. Vengono evocati gli errori e gli eccessi della stampa e della televisione nel caso della bambina bielorussa. Viene lamentato soprattutto il fatto che la rappresentazione mediatica della realtà descriva il nostro paese come travolto da un continuo susseguirsi di emergenze, mentre i processi che abbiamo di fronte hanno una storia alle spalle, ed un lungo avvenire davanti, e vanno affrontati con una prospettiva che non sia quella della reazione immediata a ciò che è accaduto stamattina.
Ad ascoltare una trentina di studenti universitari ed un gruppetto di operatori sociali. Io tra loro, penso al lavoro in corso presso il Centro Ligure di Storia Sociale dove stiamo riordinando l’archivio del Forum Antirazzista di Genova. Una delle cartelle che si ingrossano sempre più è quella relativa alle proposte e iniziative del Forum sui minori immigrati. A metà degli anni ’90 la avevamo indicata come l’emergenza cardine del prossimo futuro, chiedendo – invano – alle istituzioni di farne una priorità.
(Paola Pierantoni)