Comunali – Servito il pastroccio delle “preprimarie”
Con il consenso tacito o esplicito di tutte le forze politiche genovesi sta andando in porto l’operazione fortemente voluta dal partito trasversale degli affari. Ognuno ha fatto la propria parte. I Ds utilizzando il “metodo Telecom” (consistente, per chi non lo sapesse, nel controllo dell’azienda attraverso una catena di partecipate); l’Ulivo (o Partito Democratico allo stato nascente) tacendo o assentendo (Tullo, segretario Ds:”Molto meglio separare le due vicende: come l’Ulivo affronterà il dopo Pericu e dove sta andando il Partito Democratico” intervista pubblicata dal Secolo XIX, 9 ottobre); il nuovo rassemblement di sinistra (Prc, Pdci, ex Correntone Ds, ora “Unione a sinistra”) proponendo un candidato di bandiera, forse la miglior scelta possibile come qualità della persona, ma certamente non tale da impensierire il candidato Ds.
Nella stessa intervista Tullo aveva indicato la strada che i Ds avevano individuato e che avrebbero seguito per bloccare candidature alternative, provenienti dal suo stesso partito: “no a primarie aperte, “dove ognuno potrebbe candidarsi creando una giostra davvero pericolosa””.
La “giostra davvero pericolosa” è stata sventata trovando l’escamotage, mai praticato finora in Italia, di preprimarie, ossia primarie chiuse, riservate agli iscritti Ds, allo scopo di indicare il candidato di questo partito alle primarie dell’Unione.
Così il candidato del partito di chi conta giungerà probabilmente alla meta avendo affrontato una triplice prova: prima le preprimarie Ds, poi le primarie dell’Unione, infine le elezioni vere.
La strada appare fin da ora spianata. I Ds hanno eliminato l’ostacolo che poteva venire da casa loro. La “sinistra sinistra” si è appagata di una scelta simbolica, presentando alle primarie un candidato che forse non farà neppure il pieno dei voti di quei partiti, per la sua ovvia improponibilità come sindaco di Genova; la destra non trovando, o non volendo trovare, alcun candidato alternativo di peso. I conti, almeno a tavolino, sembrano fatti; s’intende senza quell’oste, spesso imprevedibile, della pubblica opinione.
(Pino Cosentino)