Informazione – La specie mai estinta dei cronisti spioni
La cronaca non scritta, quella che sta dietro le notizie, manipolate o censurate, è certamente la più interessante per cogliere qualche brandello di una verità che spesso l’informazione nasconde. Solo che generalmente devono passare anni, decenni, per vedere aprire qualche spiraglio, come è accaduto col recentissimo libro “Petrolio e politica”, scritto da Mario Almerighi, uno dei tre “pretori d’assalto” (gli altri erano Carlo Brusco e Adriano Sansa) che da Genova fecero scoppiare nel 1973 lo scandalo dei petroli, il padre di tutte le tangentopoli.
Credevamo di sapere tutto o quasi di quella brutta pagina di oltre 30 anni fa, le pesanti intimidazioni dei superiori gerarchici ai tre magistrati, l’incontro con Pertini nella stireria del suo appartamento di Montecitorio (l’unico locale non infestato da microspie), la rituale avocazione a Roma, nel “porto delle nebbie” delle inchieste giudiziarie scomode, fino al colpo di spugna della commissione parlamentare inquirente, quella che avrebbe dovuto processare i ministri coinvolti e li mandò assolti. Non conoscevamo invece “la pagina poco onorevole scritta nell’occasione da alcuni giornalisti genovesi”, come ha detto l’autore presentando il libro.
Si riferiva alle concitate telefonate (puntualmente intercettate dagli investigatori) tra un giornalista e il segretario generale di Garrone per metterlo a parte, per primo delle gravi notizie giunte in redazione, secondo del suo intervento per ribaltare -con la supervisione del direttore- il senso dell’articolo scritto da “quegli imbecilli e faziosi di cronisti”; e infine per esprimere pesanti giudizi non solo su “quei pretori di m…”, ma soprattutto sui colleghi di altri giornali colpevoli di fare il loro mestiere e non i lacché.
Comportamenti meschini ma isolati, eccezioni insomma? A memoria se ne potrebbero aggiungere altri, antichi e recenti: dal redattore di un quotidiano che, per solidarietà massonica, durante il caso Teardo telefonava al diretto interessato (anche allora registrato) informandolo di cosa stava preparando “quel comunista” che coordinava le puntate dell’inchiesta, alle analoghe spiate dall’interno della cronaca a un individuo dalla pistola facile, agente provocatore di professione, col risultato di mettere a rischio un altro giornalista, fino alle fresche performances del vicedirettore di Libero, al servizio del Sismi.
Insomma, cantucci sporchi non ne mancano nelle redazioni. Perché non fare i nomi? Pietà, solo pietà.
(Camillo Arcuri)