Parchi di Nervi. Dalle opere del regime al regime senza opere

E’ da un pezzo che i nostalgici del passato regime si danno da fare per rivalutare l’immagine culturale del ventennio, attraverso le sue realizzazioni: vedi le recenti mostre, a Genova e altrove, delle architetture stile littorio di Piacentini e altri interpreti del tempo. Se un periodo storico si giudica anche dalle opere che lascia a sua memoria, viene da domandarsi quale giudizio potrà accompagnare un regime come quello attuale, tanto prodigo di annunci quanto privo finora di risultati concreti, salvo quelli di difendere –questo sì con efficacia- gli interessi privati del premier.


A queste amare considerazioni induce l’appello lanciato da Italia Nostra di Genova, primi firmatari Gino Paoli, Beppe Grillo, Lele Luzzati, Vico Faggi, in difesa dei parchi di Nervi: erano, si può ben dire, il fiore all’occhiello della città con il magnifico roseto, i pini marittimi e i lecci secolari, le grandi distese verdi confinanti con le scogliere a picco sul mare. Non a caso questa suggestiva oasi naturale, ricomposta nel 1936 unendo le ville Serra, Gropallo, Grimaldi e Luxoro, era la sede ideale del festival internazionale del balletto, un sogno d’arte e di fascino leggero in parte decaduto, come del resto l’ambiente circostante. I maestosi alberi sono malati e dovrebbero essere sostituiti, le siepi fiorite curate, i prati rinverditi, i servizi igienici mantenuti in efficienza, ma non ci sono né fondi né personale sufficienti. Così il degrado avanza e gli scoiattoli devono difendersi dall’avanzare dei ratti.
Sembra di sentirli i responsabili del bilancio comunale: con gli ultimi tagli imposti dal governo Berlusconi non siamo in grado di garantire neppure servizi essenziali come l’assistenza agli anziani, altro che giardinii. Così Italia Nostra fa appello ai privati, agli sponsor per ridare a Genova il suo fiore all’occhiello: un tocco di classe che ingentilisce anche un abito liso. E poi diciamolo: Central Park o Regent Park non danno la misura del vivere civile più di tante opere monumentali?
(Camillo Arcuri)