Abiure – I “sans papiers” di Francia e la preistoria a venire
I telespettatori della ripresa politica in Francia sono stati gli involontari testimoni di una sequenza altamente istruttiva. Insinuatasi in una questura della periferia parigina, la telecamera di un telegiornale ha sorpreso una famiglia di emigranti congolesi, i genitori e due figli adolescenti candidati alla regolarizzazione, mentre rispondevano a domande del tipo: “che lingua parlate in casa?, che fumetti leggete?, che trasmissioni guardate alla televisione?” poste da pubblici ufficiali. Il tutto, si badi, sotto gli occhi o quasi di Arno Klarsfeld, il supervisore appositamente nominato dal ministro degli interni Nicolas Sarkozy.
Per la cronaca, il padre del sopracitato Arno, Serge Klarsfeld, è il presidente dell'”Associazione francese dei figli degli ebrei deportati”, mentre sua madre Beate è nota per aver schiaffeggiato pubblicamente il cancelliere tedesco Adenauer per il suo passato ben poco limpido. Quanto ad Arno, dopo aver brillato in età giovanile come avvocato di parte civile al processo contro l’aguzzino nazista Klaus Barbie, sembra oggi interpretare in modo alquanto singolare tale prestigiosa eredità.
Nel seguito del reportage, lo spettatore apprendeva che l’ignara famiglia africana doveva dimostrare il proprio sradicamento dal paese e dalla cultura d’origine come prova dell’attaccamento alla repubblica e ai valori del paese d’adozione. Per questo gli “inquisiti” rispondevano invariabilmente che loro parlano solo francese, guardano solo la televisione tricolore e il Congo ormai non saprebbero nemmeno più indicarlo sul mappamondo…
L’esigenza di tali assurde abiure dipende dal teorema diffuso secondo cui una delle cause dei comportamenti devianti nei paesi d’emigrazione, sarebbe la sopravvivenza di costumi ancestrali incompatibili con l’Occidente libero ed emancipato. Si pensi all’annoso problema del foulard islamico nelle scuole transalpine… Ma le difficoltà d’integrazione sono davvero un effetto della persistenza di un retaggio culturale arcaico, o non piuttosto la conseguenza dell’impatto con l’arcaismo latente nel moderno?
A questo proposito, la memoria va irresistibilmente ad un’altra, simmetrica sequenza di un documentario diffuso tempo fa su ARTE, il canale culturale franco-tedesco. Nella Polonia surreale del dopo-Jaruzelsky, in un’officina di “condizionamento” (riverniciatura e cambiamento di targa) di auto rubate, uno dei “carrozzieri”, richiamato all’ordine, chiedeva comprensione. “Dovete capirci”, spiegava pacatamente con involontaria ironia, “da noi il capitalismo è solo all’inizio”. Ancorché lapidaria, l'”analisi” aveva il merito di ricordare che la preistoria incombente sull’Europa dei Lumi, è la conseguenza non tanto dei flussi migratori, quanto della politica predatoria di chi preconizza la fine del “welfare”, nonché controlli più severi alle frontiere e nelle “banlieues” ribelli. Certo, i charter che, in Francia, provvedono con ritmo incalzante al rimpatrio degli emigranti non possono essere assimilati ai vagoni delle orrende deportazioni che ebbero luogo proprio nel cuore dell ‘Occidente. Confessiamo nondimeno un certo disagio nell’apprendere che Arno Klarsfeld legittima, con la sua mediatizzata presenza, la circolare che ha recentemente permesso, in Francia, di respingere 23.076 domande di regolarizzazione sulle 30.000 regolarmente presentate dai “sans papiers”.
Le questure, quanto a loro, fanno sapere che molti fra i regolarizzandi avrebbero rivelato lacune più che sospette sugli ultimi sviluppi della “Star Academy”. Il titolo del gettonatissimo reality show locale suona alquanto “british”, ma – si fa notare – le aspiranti star, tutte coi documenti in regola, si esprimono in perfetto francese. Sono comunque in corso gli accertamenti di routine
(Achab)