Unione/1 – Quanto è lontana la sinistra europea
La kermesse di giovedì scorso a Palazzo S. Giorgio è stata organizzata per dare risonanza mediatica all’evento della fuoriuscita dai DS di parte del Correntone, con la formazione di “Unione a sinistra”. Ma il tema vero era un altro. La nuova formazione politica è chiaramente una creatura fittizia, transitoria. Il piatto forte della rappresentazione-battesimo non era il neonato, ma i padrini. Tant’è che il padre (Ronzitti) se ne è stato un po’ da parte, a fare gli onori di casa.
I padrini: Folena (“Uniti a sinistra”), Rifondazione (Pastorino, Nesci), Comunisti Italiani (Devoto, Tranfaglia), Associazione per la Rinascita della sinistra (Tortorella). Tema: l’unità della sinistra in nome di una vera o presunta ortodossia, che però già nell’occasione toccante ha mostrato le prime crepe. Un’orgia di bisogni radicali, proletariato, lotta di classe, superamento del capitalismo ha unito tutti, in un mood tipo “Exodus”.
Sottolinerei però la forte rivendicazione dell’identità comunista da parte di Devoto (PDCI). Il quale è giunto fino a rivendicare l’eredità dell’URSS: “Noi abbiamo perso la guerra fredda come comunisti e come lavoratori”. Questa e altre affermazioni consimili potevano, sul momento, sembrare coerenti con quel contesto. A me, però, fa pensare che il percorso verso la “Sinistra europea”, sponsorizzata da un PRC che sta galoppando verso un posizionamento da socialdemocrazia classica, potrebbe non essere unanime e riservare qualche sorpresa.
L’impressione, per chi era lì, è stata di assistere a un congresso mondiale, ecumenico. Bandito quasi ogni riferimento a quello che sta succedendo a Genova e in Liguria. Vietato parlare di ambiente, rifiuti, cemento, speculazione. Strano, visto che il neonato a battesimo è nato da un gruppo di amministratori locali. Quanto sta avvenendo, la scelta politica che essi stanno vivendo ha qualche relazione con il loro concreto operare, l’ambiente in cui vivono, le esperienze compiute? Sembrerebbe di no.
L’unica nota positiva, a mio avviso, è stata l’intervento di Tranfaglia, che ha proposto il tema dell’allargamento della democrazia e della partecipazione in modo non rituale, ma concretamente, in particolare ponendo il problema importantissimo della democrazia nei partiti e di una Rai indipendente (“occorre che i cittadini possano sapere cosa realmente fanno i politici”).
D’altronde l’organizzazione stessa dell’evento ha reso plasticamente evidente il concetto di “partecipazione” di questo segmento del ceto politico. Alcune centinaia di persone assiepate nella sala e fuori hanno subito per due ore e mezza, senza nessuna possibilità di intervenire.
Sicché il tono (e il contenuto) da cronaca mondana dei resoconti giornalistici dell’evento, alla fine, appaiono perfino giustificati. E’ vero che i giornalisti italiani sembrano spesso preferire il racconto ai fatti e all’analisi critica basata su di essi, ma è anche vero che la qualità del discorso pubblico offre loro molte giustificazioni.
(Pino Cosentino)