Ambiente – Demolire gli orrori resta proibito
Ho letto le dichiarazioni di Carlo Ruggeri da Repubblica del 13 settembre e poi il commento che, il giorno dopo, sempre su Repubblica, ne ha fatto Giovanni Urbani, il quale scopre con malcelata sorpresa che la “disinvoltura” è ormai una prassi dei politici che giungono a più alte responsabilità gestionali.
Mi sembra sbrigativo e superficiale esaltare l’obsolescenza del Piano Paesistico perché “ha sedici anni” e perché “molte cose sono cambiate”, tanto da ritenere che sia giusto “metterci le mani”. Tutte le osservazioni a sostegno di questa impostazione sono incentrate sulla attività edilizia (almeno ciò è quanto riportato dai giornalisti presenti alla conferenza-stampa). Sfugge dunque al decisore una più congrua riflessione sul paesaggio, inteso come modellazione complessa del territorio attraverso la vegetazione, le attività, le infrastrutture e, infine, l’edificato. Del resto nell’incontro coi giornalisti l’assessore aveva illustrato, continuando un discorso accennato a luglio, un nuovo metodo di monitoraggio fotografico dell’edificato. Anziché basarsi su immagini zenitali, cioé perfettamente verticali, il nuovo sistema consiste (banalmente, direi) nel fotografare il territorio con una angolazione visuale che consente di conoscere l’altezza dei manufatti e la loro fisiono mia. Il monitoraggio sarebbe necessario sia per conoscere l’attuale situazione, sia per avere una base di riferimento in prospettiva di eventuali future misure di condono edilizio.
Tale monitoraggio verrà effettuato solo sulla linea costiera, dove
“stabilimenti balneari temporanei sono stati edificati e poi condonati, tanto che oggi non è più godibile la vista del mare dall’Aurelia”.
Allineate a questa impostazione sono le altre misure previste dal programma dell’assessore: il divieto di costruire seconde case, l’obbligo di passare attraverso l’edilizia convenzionata per chi vuole trasformare in residenza una struttura alberghiera, il divieto di costruire volumi edilizi residenziali attorno ai nuovi porticcioli turistici, l’addizione di un sovrapprezzo al pedaggio autostradale nei week-end.
Tutta questa manovra ha per obiettivo evidente la restrizione dell’attività edilizia nel settore ricettivo-turistico ed è concentrata sulla costa. Lo strumento di pianificazione territoriale che andava citato è dunque il “Piano della costa”, non il Piano paesistico, sebbene sia corretta l’intenzione di sottrarre al potere decisionale dei comuni l’autorizzazione di strutture fisse sul litorale.
La formazione del Piano paesistico regionale aveva a suo tempo coinvolto una compagine di esperti: botanici, biologi, storici, geografi avevano nutrito con ampie valutazioni le scelte degli urbanisti e dei pianificatori territoriali. L’adozione in Consiglio regionale era stata preceduta da audizioni e acquisizione di documenti da parte di comunità e gruppi interessati alla gestione reale del territorio.
Per modificare questo Piano, che ha l’età di un adolescente, occorrerà necessariamente usare la stessa formula. Sarebbe il caso, però, di compiere un passo davvero coraggioso: prevedere norme che consentano la sottrazione di manufatti, infrastrutture e anche coperture vegetali che siano in contrasto con il paesaggio ligure. Questo sarebbe un atto di vero coraggio pianificatorio. Si tratterebbe di affrontare in modo dirompente il meccanismo della rendita edilizia. I sedici anni in cui “sono cambiate tante cose” sono quelli in cui è cresciuto intensamente l’interesse del pubblico verso i manufatti storici (il recupero edilizio è stato l’unico motore di eventi quali “Cinquecentenario colombiano”, “Vertice G8”, “Genova 2004”). La cultura diffusa predilige le cose di una volta. Chiunque ormai è in grado di riconoscere le mostruosità dell’edilizia speculativa, anche se intorno c’é un verdissimo campo da golf.
Perché dunque dobbiamo ancora sopportare la presenza di ingombranti manufatti che fanno a pugni col nostro paesaggio? Perché non cominciamo a demolire subito quelli che non sono neanche stati portati a compimento (ne cito solo due: lo “scalandrone” della Palmaria e l’albergo di Colle Caprile). Perché non si fa un “piano delle vedute autostradali” che mitighi o cancelli le orrende visuali che talvolta incombono sui turisti diretti altrove? Perché non si recede dalla infestante diffusione della pubblicità che lorda pesantemente il paesaggio? Queste ultime due cosine mi sembrano alla portata di un governo regionale e potrebbero essere gestite insieme alle misure previste per aumentare i pedaggi autostradali (a che fine, sennò, penalizzare un viaggiatore?).
(Riccardo Luccardini)