Cronaca vera – Senza brache sull’isola i compagni di merende

Ci sono storie vere? Pare di sì. Ilaria Cavo in “Diciassette omicidi per caso. Storia vera di Donato Bilancia, il serial killer dei treni” racconta quella dell’assassino genovese.


La prima parte del libro ricostruisce la sequenza dei delitti. La seconda parte cerca di inquadrare, tramite incontri in carcere con l’omicida, i contorni psicologici di un personaggio che tenta di manipolare interlocutori e fatti con lo scopo di ottenere uno stato detentivo meno severo. Il discorso sulla sua follia, riproposto dallo stesso Bilancia, diventa un escamotage per ottenere i benefici dell’infermità mentale, insieme a dichiarazioni successive nelle quali l’omicida allude ad un complice con il solo intento di riaprire il processo. Di fatto Bilancia è stato riconosciuto “capace di intendere e di volere” nelle diverse perizie che lo riguardano, e del presunto complice, di cui non ha mai fatto il nome, non è emersa traccia. Il lettore troverà nel libro i dettagli delle esecuzioni, le voci dei parenti delle vittime, le riflessioni del pm Zucca, insieme all’impossibilità di mettere a fuoco le ragioni per cui Bilancia ha ucciso. Diciassette omicidi senza un movente c omune acquistano una dimensione che può ricondurre solo alla pazzia dell’esecutore. Certamente un’infanzia nella quale dice di essere stato umiliato dal padre, ed il suicidio del fratello, buttatosi sotto un treno con il figlio di sette anni, diventano elementi importanti di un percorso nel quale chi subisce dolore non può che elargirne. Tuttavia Bilancia pare proporsi alla giornalista come persona consapevole, lucida, capace di ragionare su di sé. Si lamenta dell’essere stato messo in carcere accanto alla feccia peggiore, i pedofili, e parola dopo parola, mutazione dopo mutazione, diventa un interlocutore alla pari, una persona da ascoltare. Il suo linguaggio è ricercato, conosce il francese, sta imparando l’inglese, tratta le condizioni dell’intervista, fa ginnastica. Se indugia sul suo rimorso sembra lo faccia strumentalmente. Sa che, per la legge italiana, diciassette ergastoli valgono uno, quindi nella migliore delle ipotesi, spera di godere di una riduzione di pena. All ora? Allora vengono in mente casi come il Circeo, con la liberazione di Angelo Izzo ed i due successivi recenti assassini, emerge il genovese Maurizio Minghella – quattro omicidi nel 1978 – in stato di semi liberà, accusato di ulteriori omicidi nel 2001.
Allora? Qual è la storia vera di un assassino? E’ quello che lui ci racconta? E’ nei contorni della sua pazzia riconosciuta a pelle, negata dalle perizie psichiatriche, che comunque elude dal reale, dal vero? Alla domanda se fosse difficile ammazzare diciassette persone, Bilancia ha risposto: “No. Non è difficile. Basta avere un pistola ben oliata.”
Al lettore non resta che finire il libro chiedendosi se è giusto aver dato all’assassino visibilità televisiva. Resterà il vuoto per le voci dei parenti delle vittime, soffocate come sempre in questi casi, da personalità che uccidono, e che possono continuare a uccidere. Sempre che gli sia concesso.
(Giulia Parodi)