Memoria – Quante valigie perdute non solo in aeroporto

“Rivoglio indietro la valigia di mio padre…E’ l’unico ricordo che ho di lui, l’ho riconosciuta dalla targhetta, avevo quattro anni quando l’ho visto per l’ultima volta. Quella valigia non deve tornare più ad Auschwitz.”


La cronaca dei quotidiani talvolta riporta storie come questa (Repubblica, 2 settembre) insieme a quelle consuete di bagagli persi negli aeroporti italiani dove le responsabilità atterranno sull’uno e sull’altro a dispetto degli utenti. Storie di viaggio, dove il bagaglio è infine quello che noi “ci portiamo dietro”.
La curatrice del museo statale di Auschwitz alla richiesta di restituzione della valigia, ha risposto con un secco no. La sua è la posizione di chi deve conservare la memoria collettiva per consegnarla alle generazioni future. Si è giustificata spiegando che se tutti chiedessero indietro i loro oggetti più cari sarebbe in grave pericolo l’integrità del museo. La questione è stata affidata a dei legali. Decideranno loro.
E le nostre valigie, che ne è di loro? Decisamente le abbiamo perse, senza nemmeno accorgercene. Le ha perse la politica, che negli ultimi giorni si affanna in editoriali sul partito democratico, proponendo riflessioni su socialismo, liberismo, e sinistra. Le hanno perse quelli che si dovrebbero occupare di pace tra le nazioni, ma al posto loro le hanno dovute fare i soldati dell’ONU. Valigie smarrite dai politici genovesi che si affannano sulle candidature a sindaco, con uscite giornalistiche che contengono tutte le sfumature tranne quelle dell’unità e dell’ascolto dei cittadini.
Ma se dovessimo riconoscere improvvisamente le nostre valigie, da un segno, da una targhetta con la scritta “lavoro”, “ambiente”, “giustizia”, “sanità”, e se ci accorgessimo che chi ne doveva custodire il contenuto non l’ha fatto, vuoi per incapacità, vuoi per distrazione, o per cinismo, non dovremmo chiederle indietro?
La curatrice del museo di Auschwitz ha fatto un ottimo lavoro.
Per la voce “memoria” forse, alcuni, dovrebbero rivolgersi a lei.
(Giulia Parodi)