Voci di dentro – Riflessioni di un detenuto

In linea teorica potrei condividere l’abolizione della carcerazione escludendo reati come l’omicidio volontario e la malavita organizzata.
Tuttavia sappiamo che non esiste solo l’estrema violenza contro la società e la persona, ci sono quotidiane forme di violenza che invadono la vita individuale e sociale (furti, spaccio, scippi, rapine, truffe, corruzione ecc.)
I detenuti per questi reati rappresentano l’80% della popolazione carceraria italiana.


Come prima proposta, non mischierei questo 80% con il resto: questo darebbe subito buoni risultati.
Però ancora prima di aspettarci qualcosa da fuori, proprio noi detenuti dobbiamo cambiare: l’omertà e l’ignoranza non ci fanno fare passi avanti.
Ancora oggi un detenuto che conversa con un agente di custodia viene additato; ma, pur restando lui agente e tu detenuto, come può, dopo anni, non nascere un rapporto umano?
Una volta le carceri ti toglievano dignità, eri un numero, oggi in molte realtà, come quella di Chiavari, non è più così.
Abbiamo, con lotte dure cui io stesso ho partecipato, ottenuto dei diritti: è stato versato sangue per il bagno nella stanza, il televisore, qualche ora in più di aria, il vetro che ci divideva dai familiari durante il colloquio…
Il secondo passo deve farlo la società.
Chi ha infranto la legge, meditando e con un aiuto competente, deve compiere il proprio percorso e alla fine avrà nella borsa personale (non un sacchetto nero dell’immondizia!) l’ordine mentale, la forza per riscattarsi.
Quando sarà fuori non dovrà ricominciare da zero, ma continuare il cammino iniziato.
Vorrei ancora ricollegarmi agli articoli apparsi su Oli il 30/05/06 nel punto in cui si paragona il carcere ai manicomi.
La coraggiosa battaglia per ridare dignità ai malati di mente, aprendo le porte degli orrori, non può essere paragonata al nostro caso.
Nei manicomi c’erano persone ammalate, bisognose di cure.
Anche in carcere ci sono persone sofferenti, per le quali sarebbero necessarie strutture alternative, ma la maggioranza di noi non sragiona, anzi adopera la propria intelligenza per imbrogliare il prossimo.
Passiamo all’amnistia.
Se penso ad un’amnistia che apra le porte a quest’armata Brancaleone, senza aver fatto (prima e fuori) qualcosa per queste migliaia di sbandati, con rammarico, preferisco continuare la detenzione.
Sono contro un provvedimento svuotacarcere non preceduto da una seria opera di reinserimento sociale.
Infine vorrei affrontare l’argomento, anche questo molto delicato, della sempre più massiccia presenza di extracomunitari nelle carceri.
Io non sono razzista, ma noi italiani non abbiamo difese di fronte a certi stranieri pieni di rancore che non accettano religioni o culture diverse dalla loro: è come mettere nella stessa gabbia, leoni, pecore, cani, gatti…
Questo è un problema politico che noi detenuti paghiamo a caro prezzo, un’ulteriore aggravante alla nostra pena, inaccettabile per uno stato democratico ed avanzato come l’Italia.
Spero di essermi espresso in maniera comprensibile perché ho solo la licenza elementare (quest’anno conseguirò quella media, e questo penso sia una parte fondamentale di quel famoso percorso!), anche se, davanti all’evidenza, non serve essere laureati!
(Francesco Sottili)