Referendum/2 – I difetti della carta? Troppo chiara
Immaginatevi un pomeriggio greve, col sole che filtra impietoso dalle persiane disegnando dappertutto piccoli oblò di luce. Ecco, immaginatevi che insieme alla luce ci sia un febbrone, di quelli che lasciano in un’attitudine misticheggiante e disposta alla sopportazione paziente. Proprio in un pomeriggio di questi, seguendo quei piccoli oblò, il mio sguardo è caduto su un libro, acquistato di recente La costituzione oggi e “forse” domani dopo il referendum (a cura di Angelo Ruggieri, Sapere 2000, Roma, 2006, € 8,90), e, nonostante lo strisciante senso di inadeguatezza che presentivo, avendo già più volte tentato di comprendere il testo della riforma, mi sono avventurata nell’impresa.
Davanti a me il testo vigente e quello “nuovo”, a confronto, come le raccolte dei classici greci con la traduzione a fronte. Poche note, di commento, e poco esplicite: tuttavia uno strumento per provare a capirci qualcosa. Innanzitutto per rispolverare la conoscenza della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà dei popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Perentorio, univoco, solenne.
Gli articoli 35 “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forma e applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intese ad affermare e regolare i diritti del lavoro”, e 36 “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.”: ecco sancita l’incostituzionalità del lavoro precario.
Di seguito, dall’art. 55 in poi, inizia il confronto col testo della riforma. Emergono i primi dubbi, la cavillosità da leguleio del testo proposto fa pensare: una costituzione dovrebbe essere il documento fondante di ogni stato civile: si potrebbe reggere il nostro su questa filigrana contorta di gergo giuridico? E con queste neoformazioni con nomi da professionisti della pianificazione, come “Città metropolitane”? Con i bavagli posti alla Camera ed il Senato legato alle amministrative ed impossibilitato a deliberare se non con la maggioranza di un terzo delle regioni, e la composizione del Governo demandata senza alcun controllo al primo ministro?
Risultato dell’operazione: non ho capito tutto, ma un po’ più di prima.
Ho capito, ad esempio che il confronto coi classici greci non era poi tanto lontano: se la costituzione vigente “porta l’impronta di uno spirito universale e in certo modo transtemporale” (Giuseppe Dossetti, 1994), il testo della riforma non ne è che la traduzione effettuata con parametri parziali e limitati, legati ad interessi transitori, e che approvarla sarebbe un atto di tirannia transgenerazionale per chi verrà dopo di noi.
(Eleana Marullo)