Mostra/1 – I quadri e gli uomini di tempi moderni
Sembrava quasi un’ultima cena la presentazione alla stampa della mostra “Tempo Moderno” il 13 aprile a Palazzo Ducale. Al centro Burlando, affiancato ai lati da Borzani, Castellano, Repetto, in uno sfumare lento su Giacobbe, CGIL, e altri, sino a De Biasi, dirigente dell’Ilva. Un’ultima cena dove il pane spezzato è la mostra, offerta ai presenti con sintesi veloci a seconda di chi, costretto a prendere la parola, due cose le deve pur dire su ciò che verrà mostrato.
Affiatamento e complicità tra comune, regione, provincia, sindacato e aziende sono inquadrati al tavolo come in una foto di famiglia dove tutti vanno d’accordo e si può sorridere felici perché tutto è sistemato. La mostra è pretesto per parlare di Genova, della sua cantieristica, della produzione industriale, dell’acciaio di Cornigliano che non c’è più ma tornerà . La mostra mostra che la politica funziona anche grazie alla nuova direzione che ha dato Burlando alla regione, convinto che all’industria non si deve rinunciare e che tutto si deve fare per difenderla .
De Biasi guarda in alto stucchi e affreschi della sala del Minor Consiglio con un’espressione a tratti lieve, evanescente, grata, distratta. Lavoro, diritti universali, centralità dell’uomo sono parte di un quadro che tutti loro, CGIL per prima, consegnano alla stampa, perché nell’evento c’è questo spessore di cui va tenuto conto. La mostra – bellissima – inquadra nelle tele produzione, fatica, forza, retorica, crescita industriale. E mette a fuoco l’atroce annientamento d’identità e l’omologazione che hanno marchiato la produzione industriale del secolo scorso, e sono stati spunto per lotte, conquiste di diritti che oggi sembrano anacronistici, di cui si deve imparare a fare a meno.
Al tavolo mancava il lavoratore. Bastava aspettarlo tra i molti giovani all’uscita dei cantieri di Sestri Ponente dove in tremila hanno costruito la nave Concordia, o a Cornigliano tra quel che rimane del freddo, o alle banchine del porto. Bastava prenderlo per mano e farsi raccontare cos’è oggi il lavoro, in quale tela si riconosce. Facendo quel passo indietro che le istituzioni dovrebbero saper fare dando la voce a chi non c’è l’ha. Lui solo, per consegnare alla stampa la sua storia di oggi con i quadri del passato. E’ andata com’è andata. Tempi moderni.
(Giulia Parodi)