10 Aprile – La giustizia sociale tema ripudiato
Abbiamo appena assistito al più grande scontro mai avvenuto in Italia tra due popoli, tra due culture: quello delle piazze reali, della stampa, di internet, da un lato; quello della televisione dall’altra. Sono due culture diverse e in molti casi opposte. Prodi è stato votato come politico reale, che deve rispondere di ciò che afferma; Berlusconi è stato votato come il personaggio di una fiction, di cui si premia l’interpretazione.
La partita è stata decisa dagli under 25, quelli per i quali la legge Fini sulle droghe e la precarietà del lavoro ha evidentemente contato di più della paura delle tasse. In ogni caso è consolante sapere che il centrosinistra avrà i voti per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Questa volta il è proprio il caso di dire che il diavolo, che ha risvegliato i suoi accoliti dormienti al rauco suon delle tartaree trombe televisive, si è dimenticato dei coperchi. Soprattutto quando ha confezionato quella “porcata” di legge elettorale per fregare il centrosinistra in Senato.
Berlusconi ha detto, in campagna elettorale, una frase bellissima, che dovrebbe essere il programma di una sinistra appena decente: “La sinistra vuole rendere uguali il figlio dell’operaio e il figlio del professionista”. Si conferma così come il protagonista più creativo e brillante della politica e dello spettacolo in Italia.
Come reazione invece si è tristemente preferito puntare su: “Io sono un coglione”. Indulgendo a quel vittimismo che funziona solo se praticato da quel grande attore che è Mr. B., in quanto proprio della cultura televisiva. Il problema vero è che la sinistra ha perso i suoi caratteri originari, sia quelli cattivi sia quelli buoni, senza però aver acquisito la capacità di interpretare i problemi, i bisogni, le aspettative dei ceti in vario modo oppressi dell’odierna società dell’informazione (o della conoscenza, vista dal suo lato migliore).
D’altronde essa (la sinistra) non è più, da tempo, interprete dei ceti oppressi, di quelli che non hanno voce, bensì un semplice segmento di un ceto politico che è parte integrante dell’oligarchia dominante (scusate la rima). E anche la cosiddetta “sinistra radicale” non se la passa tanto bene. Ora siamo in grado di capire che lo slogan “il n’est qu’en début, continuons le combat”, era in effetti una profezia. L’indicazione di un nuovo orizzonte che stava allora nascendo.
Le due culture (semplificando al massimo: quella di internet da un lato, della tv dall’altro) non sono ovviamente così nettamente distinte, né possono essere considerate due realtà statiche. Al contrario, il tratto più caratteristico della situazione è proprio la rapidità e la profondità dei cambiamenti e dei loro effetti sulla struttura della società, su atteggiamenti, stili di vita, interessi ecc. Ma diventa sempre più chiaro che la tendenza spontanea della nuova società non porta né a una maggiore eguaglianza economica, né a una maggiore partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica. Al contrario. Ma questo è precisamente, e sarà sempre più, il terreno nuovo di scontro tra una destra reale e ben consapevole di sé, e una sinistra per ora informe e dispersa.
(Pino Cosentino)