Regione – Confessioni e voti di trasparenza
Ha fatto scalpore l’intervista rilasciata dal presidente della Regione a Repubblica (5 aprile 2006, “Porto Comune e poltrone”). Ho deciso di parlare – ha detto Burlando – dopo aver osservato la consegna di un anno di silenzio che, con gli assessori della sua giunta, si era prefissato. E’ arrivato il momento, annuncia, che “cambieremo musica e anche sistema di comunicazione”. E, proprio per rendere più comprensibile il suo linguaggio ai giovani, sta leggendo il libro cult di Moccia “Ho voglia di te”.
Benissimo, pensa il lettore: evviva la trasparenza. Poi legge e scopre che non di trasparenza si tratta ma, piuttosto, dell’uso abituale che dei mezzi di comunicazione fanno i politici; si capisce con la collaborazione attiva di giornalisti compiacenti. Una pratica così scoperta che da tempo ha suggerito a importanti quotidiani, specialmente stranieri, di non pubblicare se non in casi eccezionali interviste ma, piuttosto, una riflessione giornalistica su di esse. Cosa ha detto Burlando? E qual è, si sono chiesti amici e nemici di partito e di clan, il significato del suo messaggio?
Burlando ha detto varie cose. Che lui è un leale sostenitore di Novi (“un candido che sta facendo bene il suo mestiere”) che potrà concludere tranquillamente il suo mandato (traduzione: niente rinnovo!); che il prossimo sindaco potrebbe anche essere della Margherita; che dopo i vertici toccati da Pericu non è possibile immaginare un sindaco di provenienza della società civile. Che in ogni caso lui intende sfatare la leggenda che esista un clan Burlando (“i Burlando boys”) e che sia stato lui a decidere tutte le principali nomine politiche e tecniche dei mesi passati. Non è vero, ha detto Burlando; e ha aggiunto che per il futuro si ripromette di star lontano dalle nomine Carige e altri simili peccati capitali.
Bisogna ammettere che uno che annuncia a quale partito “potrebbe” toccare il sindaco e come non sia opportuno un candidato della società civile, non avvalora le sue dichiarazioni di voler fare un passo indietro. Ecco un argomento che i dietrologi non si lasceranno certo sfuggire e che nei prossimi mesi dovremo sorbirci, anche se l’emergenza politica in cui viviamo suggerirebbe di parlare d’altro. Ma c’è dell’altro nelle parole di Burlando. Pericu, spiega, lo volli io. E dietro la liquidazione della giunta Sansa c’ero sempre io, anche se a far da carnefice, per l’occasione, fu un altro. Ma la responsabilità era mia. Oggi, dice Burlando, riconosco d’aver sbagliato. Ma solo nel metodo perché nella sostanza fu una decisione giusta. Sbagliai perché “mi esposi troppo” (questo sarebbe il metodo?); per questo, intesa la lezione “oggi starò più indietro”. Così, per mostrare di essersi ravveduto, offre il sindaco alla Margherita aggiungendo che questa volta saranno i partiti a sceg lierlo; basta società civile, aggiunge. Per uno che ha deciso di fare un passo indietro non è male…
A dieci anni di distanza dai fatti, i genovesi hanno avuto la conferma dei loro sospetti. Fui io, dice Burlando, a guidare la congiura di palazzo per liquidare Sansa. Ma Burlando non dice il perché. Sansa era un simbolo della società civile: da qui l’urgenza per liquidarlo? O perché ricordava alle dirigenze dei partiti politici locali che lui era diventato sindaco in una situazione difficilissima dopo che l’amministrazione precedente, con Burlando sindaco dal ’92, era stata travolta dagli scandali e commissariata?
(Manlio Calegari)