Meridiana/Oggi – Progetto trasparente? Una pretesa assurda

Fu Mario Labò, un grande protagonista della cultura architettonica della città, che nel 1958 fece riscoprire la straordinaria qualità architettonica del palazzo Grimaldi. Labò, che grazie ai rilievi di Rubens, aveva ricostruito la fisionomia originaria “a metà tra il palazzo di città e quello di villa”, denunciò con forza l’indifferenza degli enti pubblici.


“Oggi (scriveva nel 1958) il palazzo è occupato da Uffici del Comune; e sarebbe augurabile che il Comune lo acquistasse, per sottoporlo ad un intelligente restauro generale. Senza trascurare le esigenze di un palazzo da Uffici, forse anzi aumentandone l’efficienza sarebbero possibili sfrondamenti di bellurie, e cauti ripristini, che riporterebbero l’architettura al suo alto livello originario”.
Le cose in seguito sono andate diversamente e oggi il palazzo non è più “occupato da Uffici” e ha cambiato proprietà. Cosa ne sarà? Pur essendo ancora destinato a servizi dal P.U.C. vigente, l’attuale proprietario ha già comunicato a un giornale (Il Secolo XIX, 5 marzo 2006) le sue intenzioni di trasformarlo in palazzo di residenze di lusso. Il progetto è top secret e come l’imprenditore ha ricordato non è scritto da nessuna parte che il progetto riguardante la trasformazione di uno dei pochi edifici cinquecenteschi rimasti ad avere ancora un utilizzo pressoché unitario, almeno per le sue parti più antiche ed interessanti, ed accessibile ai cittadini debba essere divulgato e discusso in pubblico.
Dall’articolo del Decimono, genuinamente entusiasta, si apprende, come per risolvere il problema delle automobili dei futuri condomini – che sarebbero costretti, come la maggior parte degli altri abitanti del centro storico a lasciare l’automobile a qualche centinaio di metri di distanza da casa – si è pensato di sostituire l’archivio realizzato nel terzo cortile dal Coppedè per il Mackenzie con un parcheggio meccanizzato. Inevitabile la domanda: ma chi saranno mai questi nuovi condomini che tanto possono? Possibile che la Soprintendenza autorizzi la demolizione di quella che nel rude slang dei tecnici del restauro architettonico ed urbano viene definita come “superfetazione” per sostituirla con un’altra superfetazione? Ed è possibile che abbia approvato, come sfrontatamente afferma l’imprenditore, l’inserimento di una scala di servizio in quello che, al piano terreno, era il corridoio di collegamento tra il secondo ed il terzo cortile e che quindi rappresenta un elemento fondamentale di quell’asse est-ovest su cui è costruita una delle due anime tipologiche dell’edificio originale?
Mario Labò, e noi con lui, potremo dormire sonni tranquilli?
(Leon Battista Barabino)