Processo Diaz – Computer distrutti con mira precisa

Mercoledì 15 marzo. Continuano le testimonianze delle persone che la sera del 21 luglio 2001 si trovavano all’interno dell’edificio scolastico Diaz. Siamo alla trentatreesima udienza e i racconti dei testi, per l’ennesima volta, danno conto delle violenze sulle persone dopo l’irruzione della polizia all’interno dell’edificio scolastico.


Ma questa volta oggetto delle testimonianze sono anche i danneggiamenti subiti dai computer dopo il blitz delle forze dell’ordine. In questi computer, che si trovavano nella stanza dei legali presenti in quei giorni per offrire il loro supporto, erano state raccolte le denunce delle offese subite dai manifestanti da parte delle forze dell’ordine durante le manifestazioni. Alcuni computer, non tutti, sono stati presi a manganellate, rotti, smontati e uno di essi privato dell’hard disk. Superfluo e scontato il fine di tale mossa.
Mercoledì 22 Marzo. “E’ il mio video, lo riconosco!”. Con queste parole M.V., giornalista di Indymedia, lascia l’aula a bocca aperta. Aveva appena finito di raccontare al p.m. le scene da lui riprese durante le manifestazioni e durante l’irruzione della polizia nella scuola, con relativa rimozione della videocassetta 8 mm dalla sua Canon. Il video riproduce quanto era stato appena raccontato, in particolar modo la scena da lui ripresa che inquadra un agente che butta a terra una ragazza e comincia ad adoperare violentemente il manganello sul corpo accovacciato. A nulla sono servite le opposizioni immediatamente sollevate dai difensori, respinte, e le domande volte a pregiudicare la genuinità del teste e del video. La sorpresa ha impedito i tentativi di bloccare una prova tanto schiacciante per la posizione degli accusati.
La mattina successiva si presentava davanti alla Corte L.G. collaboratrice del G.S.F. in qualità di interprete. Ha passato parte delle giornate delle manifestazioni nella stanza adibita ai legali appartenenti all’Associazione Giuristi Democratici che offrivano il loro supporto a chi ne avesse avuto bisogno, ad esempio, raccogliendo le denunce soprusi o violenze. In quella stanza è entrata la polizia e, come viene mostrato alla teste, un video (ripresa RAI) evidenzia i segni dei danneggiamenti avvenuti dopo il blitz: i computer sono rotti, smontati, privati dell’hard disk, ma, “inspiegabilmente”, solo quelli contenenti il lavoro degli avvocati, mentre risultano intatti gli altri computer, collegati a routers gestiti da tecnici che garantivano ai mediattivisti, ai giornalisti e alle radio presso il Mediacenter il collegamento via internet. Questi, come già era risultato da precedenti testimonianze, furono solo spenti, isolando completamente chi vi lavorava. Prossima udienz a il 5 Aprile.
(Elisabetta Massaro)