Par condicio tv – Chi ha sempre ragione nel salottino di AN
Qualcuno avrà forse giudicato una preoccupazione eccessiva, quasi un sintomo di paura, la serie di condizioni – stabilire in precedenza, e con precisione, tempi, inquadrature, tipo di regia, neutralità del conduttore, presenze in sala – poste da Prodi per accettare il confronto, non chiamiamolo duello, televisivo con Berlusconi. Se questo qualcuno però, giovedì sera, non ha avuto di meglio da fare che assistere su Rai 2 alla puntata di “Alice”, tribunetta o salottino elettorale di Anna La Rosa, si è certamente ricreduto sulle preoccupazioni “esagerate” del professore. La trasmissione ha fornito un campionario fin troppo evidente, quasi sfacciato, di come si può storpiare il principio della par condicio.
Erano di fronte, anzi di fianco, Gianfranco Fini di An e Dario Franceschini della Margherita e il confronto verteva su una serie di temi attuali, quali la clamorosa presa di posizione del Corsera, organo della borghesia moderata, a favore del centrosinistra, la guerra in Iraq, la legge sulla droga che porta il nome e l’impronta dello stesso Fini. Il quale ha fornito subito un saggio molto convincente della sua arroganza, prima reagendo con livore verso giornali e giornalisti colpevoli di non accodarsi, poi riempiendo di insolenze il suo diretto interlocutore, cui ripeteva in continuazione “ma non capisci”, “non capisci proprio niente”, intercalare ben poco appropriato per un ministro al vertice della diplomazia.
Ma la sorpresa più sgradevole della serata è venuta dal comportamento della signora La Rosa, dal suo personalissimo senso dell’equidistanza, o se vogliamo dell’ospitalità, che dovrebbe improntare la “padrona di casa” almeno in occasioni come queste. Non bastavano i servizi preparati su misura (compresa un’intervista al figlio di Gheddafi) nell’intento di valorizzare l’azione del ministro degli esteri; non bastavano cenni di consenso all’uno e risatine ironiche provenienti dalla sala verso l’ospite meno considerato; inaccettabili erano soprattutto le sue frequentissime interferenze, a senso unico, nel dibattito: bastava che il malcapitato Franceschini tentasse di replicare che subito veniva interrotto, bloccato, col pretesto di dover passare ad altro argomento. Se però era Fini a insistere sullo stesso tema, allora aveva immediatamente via libera e spazio a volontà. La manfrina si è ripetuta così tante volte e in maniera talmente scoperta, da diventare una sorta di gag comica: una caricatura di par condicio.
Se Franceschini non se ne è andato rovesciando la seggiola, probabilmente dipende da un suo personale “stoicismo”, ma fors’anche perché ha voluto dimostrare al pubblico più avvertito quali garanzie di democraticità e correttezza offra fino all’ultimo una rete in quota ad An.
(Camillo Arcuri)