Memoria G8 – Ma chi ha sparato dal defender?
“Chi non vuole ricordare il passato è condannato a riviverlo.” E allora bando alla pigrizia e sforziamoci di ricordare, anche se fa male o dà fastidio.
Al processo per gli avvenimenti di venerdì 20 luglio 2001 in piazza Alimonda, è di scena la presenza sulla jeep di un carabiniere di nome Dario Raffone. E’ venuto a testimoniare per l’accusa contro venticinque manifestanti accusati di devastazione e saccheggio, e dal suo interrogatorio sono emersi particolari interessanti.
E’ opportuno intanto segnalare che il suo nome compare, nei verbali degli interrogatori effettuati subito dopo l’uccisione di Carlo, soltanto alle 12.30 di sabato 21 luglio. La sera del 20, nessuno dei suoi colleghi e dei suoi superiori ne conoscono il nome. Eppure non è certo un personaggio secondario, dal momento che ha un’anzianità di servizio superiore a quella di Placanica e che anche lui è fatto salire sulla jeep, così hanno detto, per le condizioni di salute in cui si trovava.
Al processo è protagonista di dichiarazioni molto interessanti. A precise domande degli avvocati della difesa e di un giudice a latere, ha risposto ribadendo che al momento degli spari lui si trovava sul fondo della jeep, schiacciato fra i sedili (sul defender sono a due a due gli uni di fronte agli altri, perpendicolarmente al posto di guida). E che, manco a dirlo, le due mani evidenti in molte fotografie, la destra delle quali impugna la pistola, non sono le sue. Nelle stesse fotografie si vede chiaramente un occupante che ha entrambe le mani sulla testa, quasi a proteggersi le orecchie (sicuramente intronate dagli spari), ed è rivolto verso il posto di guida, con il corpo sopra un altro occupante al centro della jeep, del quale si vedono con chiarezza la mano destra armata e la gamba destra piegata con lo scarpone appoggiato dall’interno al portellone posteriore. Dove è seduto il proprietario di questa gamba e di quelle mani, nel vuoto? Sicuramente no, potrebbe essere quasi sdraiato su Raffone, che, come ricordato, dichiara di essere stato schiacciato sul fondo della jeep da Placanica che era rimasto sopra “per proteggerci” (il plurale è di Raffone). Ma allora, oltre all’autista, dovrebbero essere in tre nel retro della jeep e in questo caso a sparare non dovrebbe essere stato Placanica. Lui stesso, d’altronde, lo ha dichiarato in più di un’occasione: “Non sono certo di essere stato io.”
Una ragione in più per considerare l’archiviazione lo strumento meno adatto ad accertare la verità, dal momento che ha impedito un dibattimento con l’interrogatorio e il confronto fra i vari protagonisti. Una ragione in più per ottenere la riapertura del caso (http://www.piazzacarlogiuliani.org/pillolarossa).
(8 – continua)
(Giuliano Giuliani)