Pessimismo – Difficile battere la cultura di B.
Un recente articolo di Marco Travaglio sulla Unità si conclude con la frase: “Comunque vadano le elezioni, almeno culturalmente Berlusconi ha già vinto”. Nel caso specifico lo spunto per questa amara conclusione viene a Travaglio dalle incertezze ed ambiguità della reazione dimostrata da vari leader del centro sinistra (Bertinotti, Gavino Angius, Mastella, Dario Franceschini) a proposito dell’episodio della corruzione dell’avvocato David Mills da parte di Berlusconi.
Lo stesso pessimismo mi aveva colto leggendo i dati sui sondaggi di Demos Eurisko pubblicati Sabato 18 febbraio su Repubblica: ma come, solo 4 miseri punti di vantaggio ed un impressionante 26,8% di persone tuttora incerte, dopo cinque anni di massacro istituzionale, culturale, sociale! Stando al sondaggio Forza Italia ed AN sono anzi in lieve (+ 0.5) crescita rispetto ad un anno fa, solo la Lega paga pegno insieme alle improbabili aggregazioni del Psi di de Michelis e della DC di Rotondi.
Se solo le cose economiche, per merito di una congiuntura internazionale meno sfavorevole, andassero un po’ meno peggio di come vanno, Forza Italia non solo manterrebbe salde le sue posizioni di consenso ma sarebbe in crescita, come se poco o nulla contassero gli irrisolti conflitti di interesse, la destrutturazione del sistema giudiziario, la sistematica pratica di leggi platealmente finalizzate ad interessi personali, la modifica unilaterale della norma fondamentale del nostro vivere comune, la perdita di credibilità e dignità internazionale, la involuzione classista del sistema scolastico, la precarietà del lavoro eletta a sistema, il precipitare della ricerca ai minimi storici. Come se non avesse davvero importanza l’avere portato il paese ad una frattura tale da impedire qualunque forma di reciproco rispetto, di comunicazione, di mediazione.
Se, a fronte di tutto questo, il centro destra non viene seppellito dal dissenso vuole dire che il male è profondissimo, e che ci vorrà altro che un successo elettorale di misura a fronteggiarlo.
Nell’incontro di due settimane a Genova, fa D’Alema aveva detto che “Berlusconi non è la malattia, ma il prodotto di una malattia di sottocultura che ha colpito l’Italia a causa di un insieme di fenomeni politici, sociali, culturali, economici complessi”. Ma se così stanno le cose, e ne sono convinta, il messaggio politico della Unione dovrebbe essere all’altezza.
(Paola Pierantoni)