Società – Il dialogo che non c’e’ tra giovani e politica

Scrive del deserto giovanile Vittorio Coletti su Repubblica-Il Lavoro del 14 febbraio.
Scrive della sua università frequentata da giovani che “sui treni parlano del loro gatto e sentenziano che tutto è nero e noioso, brutto e sporco, destra e sinistra sono ugualmente nefaste e meritevoli dello stesso scavolato disprezzo.” Giovani che leggono il giornale sportivo o al massimo quello distribuito gratuitamente in strada. Ragazzi che di politica non si interessano più a parte quelli di lotta comunista ai quali “i loro coetanei riservano la stessa cortese considerazione prestata ai testimoni di Geova”. Una schiera consistente di indifferenti in una società che cresce senza il loro apporto.


Sarebbe doveroso che i partiti “specie quelli di sinistra almeno provassero a ristabilire i contatti con il mondo giovanile cominciando ad interrogarsi sul suo silenzio”, scrive Vittorio Coletti. I politici dovrebbero porsi delle domande sul loro tempo, frequentando le lezioni civiche che in questi giorni sono spazio di riflessione.
Si chiamano Akela, Chil, Bagheera i capi che nei gruppi scout cattolici e laici si occupano dei bambini. Uno di loro ha detto: “Cerchiamo di formare persone, cittadini”. Piccole isole, con poche energie, esigue risorse e tantissima buona volontà. Poi ci sono i giovani che aderiscono al servizio civile: tengono compagnia agli anziani, si formano nelle istituzioni, seminano nella speranza di aggiungere tasselli per un curriculum del quale nessuno sa cosa fare. Erano giovani alle manifestazioni per la pace degli ultimi cinque anni, giovani quelli del G8 con i loro spazi di riflessione, con il loro legittimo desiderio di porre le questioni mondiali sotto una luce diversa. Giovani nei call center, con i contratti a tempo determinato. Sono giovani quelli che ti scivolano accanto con una bottiglia di birra in mano, quelli dei motorini che schizzano rapidi tra le auto, parcheggiano sui marciapiedi, negli occhi disgusto e rabbia, ma con un telefonino fighissimo e la griffe come id entità.
Troppa fretta ha Coletti nel sintetizzarli, troppo ingenuo il suo invito a una politica che è altro. Geneticamente modificata questa politica tutela gli interessi privati, svende il patrimonio collettivo, progetta parcheggi, riflette sul tessuto urbano. Architetta in grande. Ma è come una vecchia zia ricca che della vita può insegnare astuzie, equilibrismi, tattiche. Una zia appagata di potere. Incapace di guardare ai suoi nipoti. Li osserva da lontano, li rende visibili, inscatolati, solo in un manifesto elettorale per promettergli la libertà, che ora, con gli altri, non hanno.
Di chi è il disprezzo?
(Giulia Parodi)