Memoria G8 – Il prigioniero ferito lo sistemo io

“Chi non vuole ricordare il passato è condannato a riviverlo.” E allora bando alla pigrizia e sforziamoci di ricordare, anche se fa male o dà fastidio.
Il 20 luglio 2001, in piazza Alimonda, i due plotoni (cento uomini) della CCIR arrivano prima delle cinque del pomeriggio. Sigla curiosa ma significativa, sta per Compagnia di Contenimento e Intervento Risolutivo.


Il nome, un tantino bellicoso, è stato ideato per Genova, forse testimonia anch’esso di un clima. Per altro, a qualche ufficiale che la comanda non basta e in una delle udienze dei processi genovesi il nome diventa Compagnia di Intervento Rapido e Risolutivo, va bene contenere purché si faccia in fretta. In fondo a via Ilice, scesi dalla piccola scalinata che porta su in via Montevideo, ci sono dei manifestanti, una decina. Il contingente lancia lacrimogeni, esita, poi tre Cc strisciano lungo il fianco del palazzo che costeggia la chiesa, quasi a preparare un agguato.
Da via Teodosia arriva il reparto mobile Milano della polizia di Stato e “catturano” un manifestante in maglietta bianca, in via Crimea, alle spalle della chiesa. Botte, tonfate, calci. Arrivano una decina di Cc, nessuno vuole essere da meno, ciascuno ha il suo personale colpo di tonfa, il suo calcio nella schiena, nella pancia o dove capita. La persona perde vistosamente sangue dalla testa. Un Cc lo afferra per un polso e comincia a trascinarlo. Poi per un braccio è troppo elegante, meglio per un piede. Subito fatto. La persona è ridotta al rango di un “trofeo di caccia”. Lo trascinano così fino in piazza Alimonda, nel punto esatto dove poi verrà ucciso Carlo.
Arriva la camionetta del comandante, scendono, un maresciallo versa dell’acqua sulla testa del malcapitato, che perde molto sangue, poi si china, quasi inginocchiandosi, e cerca di tamponarlo con quello che sembra un fazzolettino di carta. Il gesto è caritatevole. Non esageriamo. Infatti, dopo che il sottufficiale si è rialzato, alle sue spalle arriva un poliziotto e assesta un calcio nella schiena della persona che è sempre stesa per terra.
Sembra un film? Non sembra, lo è davvero. Documentato, fotogramma dopo fotogramma.
(Giuliano Giuliani)