Sanità. Nessuno vuol confrontare le spese con la produttività

Sulle assurde spese “d’investimento” abbiamo già dato un esempio di come si semini male in sanità. Nel senso che il “furore edilizio”, dietro cui girano interessi niente male, ti fa andare fuori bersaglio su quelli che saranno i bisogni della gente al momento in cui l’opera sarà compiuta (abbiamo presente, vero?, che il tempo medio di costruzione di un ospedale è di una decina d’anni?)


Gli esempi per il passato si sprecano: un padiglione di Malattie infettive pensato ai tempi di De Lorenzo per l’AIDS, allora ritenuto minimale ed oggi… Una Clinica Oculistica che sul progetto fine anni 80 prevedeva 90 (diconsi novanta) posti letto per una disciplina che oggi è di pura day surgery. Ma anche vecchi piccoli ospedali, in cui si investiva, e tuttora a periodi s’investe, per improbabili opere di adeguamento (citiamo Busalla?), secondo il livello delle elezioni più vicine.
Ma quello che lascia più perplessi è l’andamento della spesa per “l’acquisto di beni e servizi” (sulle spese per il personale un po’ ne abbiamo detto qualche tempo fa, altro diremo), cioè di tutto quello che serve in ospedale per consentire ai medici e agli infermieri di fare il loro lavoro e ai pazienti, se è possibile, di uscirne bene: dal vitto agli zoccoli di sala operatoria, dalla TAC Multislice (l’ultima generazione, ndr) al farmaco oncologico, dalla protesi alle gomme del furgone della biancheria pulita, etc.
La Repubblica del 21/05 ci riferisce, sulla scorta di dati raccolti forse un po’ sommariamente, che la spesa giornaliera media a ricoverato per “acquisto di beni sanitari” è stata di 138 € nel 2002, ma molti ospedali italiani spendono ben oltre i 150 € ed altri molto meno di 100: tra essi il genovese Villa Scassi, che si attesta a soli 86 €.
Quello che manca nel succinto report giornalistico è la correlazione tra questo fattore di spesa ed il peso della produzione in termini sia quantitativi che qualitativi: non sappiamo che cosa produca l’ospedale di Sondalo, che consuma solo 56 € al dì, ma sappiamo che Villa Scassi di Genova ha una produzione di peso medio (parliamo di ricoveri di medio-alta complessità) pari al S.Martino e di gran lunga superiore a quello dei piccoli ospedali del Genovesato.
Se al Villa Scassi – a titolo d’esempio – si spende 100 per ottenere la prestazione “x”, sarebbe lecito accettare che altrove, nella stessa regione e per la stessa prestazione, possa spendersi 103, 105. Ma perché accettare che si spenda 140 e più? In Assessorato hanno tutti i dati per capire dove e come agire. Ma non lo fanno.
Bei managers, gli imprenditori prestati alla politica!
(Galeno)