Mafie immobiliari – Liguria a due passi da Partinico
E’ andata avanti a lungo, decenni, la querelle se anche la Liguria fosse terra di mafia o meno. Da principio nella rituale relazione di apertura dell’anno giudiziario, il Pg lo negava recisamente; poi, l’imbarazzante presenza è stata ammessa. E ciò anche in seguito al caso Teardo, il presidente della Regione che usava manovali delle cosche per attentati dinamitardi, al fine di imporre tangenti su appalti, costruzioni e forniture. Dopo di allora, eravamo nei primi anni ’80, non se ne è più parlato; ma a ricordarci che il fenomeno, per quanto silente, continua a essere attivo, ecco la precise quanto gravi denunce di due professionisti, gli architetti Gerolamo Valle (della famiglia che costruì il Carlo Felice) e Daniele Bianchi, che a una voce rivelano: Ci minacciano, vogliono terrorizzarci, se un giorno dicono che uno di noi ha avuto un incidente o si è suicidato, non credeteci.
L’incredibile retroscena salta fuori da un’inchiesta giornalistica (fortuna che se ne fanno ancora) di Marco Preve e Ferruccio Sansa (Repubblica-Il Lavoro di metà novembre) sugli affari immobiliari di Fiorani (Antonveneta e BpL), una rete che si estende dalla Spezia al Chiavarese a Nervi e da Celle fino a Imperia. A operare sono soci e prestanome, nonchè il commercialista del banchiere di Lodi amico di Fazio; ma quella che sembrava una semplice inchiesta per abusi edilizi e vendite in nero, s’impenna di colpo con la scoperta che il gruppo d’assalto non esitava a usare metodi di stampo mafioso con chi non ubbidiva. Gli architetti Valle e Bianchi lavoravano per i lodigiani a un mega-progetto nell’Imperiese, ma quando, nel 2002, si sono sentiti sollecitare a raddoppiare le cubature, non hanno più ritenuto possibile la collaborazione. Da quel momento per loro sono cominciati i guai: telefonate minacciose, visite di un pregiudicato siculo con fare intimidatorio in ufficio e a casa, annunci di morte a loro, alle famiglie e al legale che li assiste. Ultimo tocco l’architetto Bianchi rispondendo al telefono sente una voce di bambino che invoca papà, papà. Le indagini hanno già stabilito che le telefonate partivano dagli apparecchi di alcuni trasportatori del Sud in odore di mafia. Chissà se è solo lo spirito di una malintesa concorrenza che ha impedito finora agli altri giornali di informare i propri lettori di fatti così inquietanti.
(Camillo Arcuri)