Aviaria/1 – Il pericolo viaggia sulle ali del cigno
Riguardando i giornali degli ultimi due mesi e mettendo in fila i titoli sulla influenza aviaria ne ho ricavato l’impressione di un’orgia del paradosso e della contraddizione. Siamo fuori dal seminato.
Recentemente mi è capitato di trovarmi a tarda sera a Stansted senza altra possibilità alimentare che non prendermi un cartorcetto di pollo fritto ad uno spaccio del Kentucky Fried Chicken. Il livello avvilente della qualità del cibo, del servizio e del luogo ha innescato nella mia mente una incoercibile serie di immagini di miliardi di polli in batteria destinati a rifornire migliaia di migliaia di luoghi spazzatura come quello in cui mi trovavo sparsi in tutto il mondo, di milioni di persone indotte a mangiare inutilmente polli degenerati, ormonizzati, seviziati. Un incubo.
Vorrei che tornassimo al pollo una volta al mese. Al pollo dei dì di festa. Vorrei che non iniziassimo a sparare intorno alla impazzata (metaforicamente e non) appena i nostri terrori ci assalgono. Questa estate in un mio viaggio in Nord Europa mi sono riempita gli occhi di volatili di ogni specie che popolavano ovunque cielo ed acque, che mi hanno restituito l’immagine di una terra piena di vita, di un’aria piena di suoni, e ho provato un senso di allarme e di angoscia quando ho sentito evocare la possibilità di abbattere gli uccelli migratori. Pericolo per i momento scongiurato, ma che si può ripresentare per difendere l’umanità da temibilissimi cigni selvatici ed anatre micidiali spaventosi pulcinella di mare e gabbiani assassini … Vorrei che riacquistassimo il senso delle proporzioni. AIDS, TBC, malaria, morbillo e raffreddore ne stanno ammazzando, di umani, molti di più.
(Paola Pierantoni)