Ilva – Riflessioni su un bimbo tra i cassintegrati
C’era un giovane con un bambino in braccio all’assemblea dei cassintegrati ILVA lunedì 7 novembre alla Scuola Edile di Borzoli. Il presente con in braccio il futuro. Un bambino senza età. Simbolico e fuori luogo come lo sono i bambini tra i lavoratori nelle manifestazioni, nelle piazze, a rivendicare anche per se stessi quello che spetta solo agli adulti. Bambini con il contratto. Quel bambino chiedeva cosa sarà di suo padre nei prossimi tre anni. Quante ore, quali mansioni, le sue buste paga, i buoni pasto, la tredicesima.
Lo chiedeva ad un sindacato che non può offrirgli il meglio, perché sono tempi in cui al meglio non vuole più aspirare. Il meno peggio è l’alternativa al niente quindi quel bambino si deve accontentare. Con lui quattrocentosettanta lavoratori – Riva a suo piacere potrà aggiungerne altri, sino a seicentocinquanta – che contavano sulle dite la paga oraria e dicevano addio alla mensilità in più a Natale, alle ferie del loro contratto, ai premi di produzione, al pasto.
Trenta ore di lavoro settimanali per le istituzioni, grazie ad un accordo che concede di raggiungere “il primo rigo della busta paga”. Il resto dopo. Senza fretta. Con calma. Con i tempi della mediazione, della pazienza. Da qui a tre anni. “Poi, l’8 di agosto 2008 sarete di nuovo tutti in carico da Riva!”, ha promesso il sindacato.
Il padre, se vorrà, potrà leggere sulla O.L.I. le storie di Alice, del suo call center, avvilirsi per lei nell’inutile gioco dei confronti che atrofizza le aspirazioni di entrambi. Ma li avvicina sino a farli combaciare.
La politica dovrebbe occuparsi di loro, del padre, del bambino e di Alice. Sono tanti. Ma invisibili per chi non ha occhi.
(Giulia Parodi)