Genoa. Giustizia l’è morta, almeno nel calcio
Hanno certamente ragione le teste fredde che riandando ai giorni roventi della disastrosa estate del Genoa, interpretano molte reazioni fuori misura registrate in quei giorni, come sintomo di un degrado del costume non solo sportivo.
Se non meritano commenti le violenze da strada -aggressioni, incendi, devastazioni di impianti, blocchi dei traghetti- tutti vandalismi che si squalificano da soli; diverse sono le azioni di protesta messe in atto da folte minoranze con i roghi più o meno simbolici delle schede elettorali, messaggio diretto ai politici, o la disdetta in massa degli abbonamenti al giornale cittadino che non si era abbastanza schierato (almeno inizialmente) in difesa della causa rossoblu. Al contrario del quotidiano concorrente che – come si nota qui accanto – non ha esitato a scagliarsi contro i giudici, quelli veri, insensibili al dolore del popolo genoano.
Fermo restando che per fortuna di tutti noi la magistratura non si fa influenzare dalla passione calcistica o meno, nessuno può ignorare che resta insoluto al momento, e chissà ancora per quanto tempo, il problema della profonda ingiustizia commessa dai cosiddetti tribunali del calcio ai danni del Genoa. Che cosa dire di giudici che si scambiano biglietti per dare del mafioso o del camorrista ai loro colleghi, per sbertucciare la persona sottoposta al loro esame, che accolgono in camera di consiglio il rappresentante dell’accusa o anticipano il verdetto finale? Per molto meno, una mezza parola sfuggita con la stampa o una vignetta affissa in cancelleria da qualche funzionario poco amico del potente sotto processo, abbiamo assistito a vibranti ricusazioni di interi tribunali penali, con l’accusa di “non essere scevri da pregiudizio”.
Qui invece è tutto regolare. Lo assicura –e chi se no?– Franco Carraro, l’inamovibile presidente della Federazione italiana gioco calcio, colui che ha nominato i collegi giudicanti e che naturalmente ora li definisce formati “da persone di elevata professionalità e di grande livello morale”. Osservare che vanno ricercati in questi palazzi, prima ancora che nelle esagitate curve degli stadi, i responsabili della decadenza del calcio, un tempo era un refrain da critici irriducibili del sistema. Adesso molto meno. L’offesa alla verità stavolta è così plateale, smaccata, bruciante da provocare una reazione (soprattutto morale, niente guerriglie urbane per carità) che coinvolge il cittadino, non solo il supporter. E non placa, ma accresce l’irritazione, sapere che per trovare rimedio al torto subito e ottenere finalmente giustizia, ci vorranno anni.
(Camillo Arcuri)