Affresco/2. Il deserto intorno a Piano

Ma di cosa si sta discutendo? Se Piano è un presuntuoso? Un capriccioso, che sbatte la porta perché non realizzano le cose che ha proposto con lo “affresco”? O invece sono in discussione questioni chiave per la città (che l’Affresco ha avuto il merito di mettere sotto il naso di tutti) con cui la politica dovrebbe decidersi a fare i conti?


Le domande se l’è fatte Giulio Anselmi (“Renzo Piano e intorno a lui il deserto”, Repubblica del 1.VII.’05) stanco come tutti noi di una informazione che d’estate o d’inverno è sempre più fatta di chiacchiericci. Spazi (gratuiti?) che la stampa (ma quando i giornalisti si decideranno a raccontare delle condizioni penose in cui son costretti a lavorare dai loro editori?) offre a questo e a quello per fare le sue ragioni. Anselmi scrive che il contrasto sull’Affresco non è tra piccolo cabotaggio ammantato di realismo da un lato e una visione avveniristica dall’altro. Il vero contrasto è tra pensare un progetto che abbia un senso per la città e non pensare. Soluzione quest’ultima gradita a quanti si propongono di continuare a fare i propri affari in santa pace (come ad esempio, illustri rappresentanti di terminalisti, agenti marittimi, cantieristi ecc, Repubblica 30 giugno ’05).
Anche se la stragrande maggioranza dei cittadini non appartiene al mondo dei tecnici non è per questo priva di buon senso. Sotto gli occhi di tutti, scrive Anselmi, tra la Fiera del mare e il Porto antico c’è la strozzatura rappresentata da officine, bacini e cantieri di riparazione. Sono possibili due indirizzi: o premiare cantieri e riparazioni e quindi tombare il mare che ancora si vede (spostando Yacht Club ecc) o dare altro mare alla città e spostare le Riparazioni. Piano prevede per cantieri e riparazioni un’isola da recuperare al mare, 200 ha di spazio in più. Chi avversa il suo disegno propone di tombare, cioè ampliare le Riparazioni dove sono. Con i tombamenti il mare si allontana e si sposta lo Yacht club a Levante, in un contesto che si dice più favorevole, un porticciolo (appunto quello della Vivilmare di Bandera) che si progetta tra la Fiera e Punta Vagno con, anche qui, riempimenti vari e mare che si allontana – privatizzandosi ovviamente – di 400 metri oltre l’attuale battigia.
Tocca alla politica, conclude Anselmi, fare delle scelte. Invece conosce solo l’arte del rinvio. Il suo volto più noto, Burlando, ha detto che “bisogna sognare il futuro governando il presente”. E’ uno slogan vuoto, commenta Anselmi, perché il futuro va preparato assumendo oggi le responsabilità istituzionali.
P.S. (del redattore) Circa 20 anni fa un gruppo di ricerca francese ha condotto una indagine sul rapporto col mare dei cittadini di alcune città mediterranee tra cui Genova. Il tutto messo in relazione alle risorse (tempo, autostrade, consumi di benzina ecc.) necessarie ai cittadini per fruire di soluzioni alternative stanti le condizioni di privatizzazione di vario tipo e indecenza delle spiagge urbane. I costi risultavano già allora spaventosi e da allora devono essersi non poco accresciuti. Tanto per dire che il rapporto dei cittadini col mare non è una questione di panorama…
Manlio Calegari