Dubbi/1. Ma l’opinione pubblica ha davvero diritti?
A quanti incontri hanno partecipato Burlando e Costa prima del voto regionale? Più di 1.000 per Burlando. Solo pochi di meno per Costa. La parola d’ordine, aveva detto Burlando, era “ascoltare”. Come del resto confermavano i suoi manifesti elettorali: Burlando con gli operai, gli ospedalieri, gli ulivicoltori, gli autisti, i ginnasti e così via. Immagini semplici che andavano dritte al cuore. Poi le elezioni e la vittoria.
Dopo, gli incontri sono continuati, ma con nuovi interlocutori: corposi gruppi di interesse, dirigenti della macchina amministrativa, industriali e altri. Nessuno scandalo; non può essere diversamente. Magari ci starebbe bene più chiarezza su cosa e con chi si è discusso ma da noi non si usa. Si preferisce usare i giornalisti a cui si forniscono notizie sotto forma di “indiscrezioni”. Se necessario, sarà più facile smentirle. Ma è un modo di fare che corrisponde ad una scarsa considerazione per i cittadini.
Eppure il cittadino elettore, anche se non parla a nome di una categoria economica o professionale di rilievo, pone domande degne di attenzione. Spesso tocca questioni che interessano molti altri cittadini, questioni che attengono ad un bene primario come sarebbe il diritto all’informazione. Purtroppo il tempo concesso all’opinione pubblica, al dibattito pubblico sembra essersi esaurito nella fase preelettorale. Come è possibile inaugurare una nuova stagione politica tenendo in così poco conto l’opinione pubblica?
Anche la stampa locale ha le sue responsabilità. Preferisce fare da cassa di risonanza alle dichiarazioni dei politici confinando le perplessità dei cittadini alla “posta dei lettori” o a qualche commento in genere extraredazionale. Ma neppure questi hanno avuto fortuna. Qualche settimana fa don Balletto ha dichiarato che una città non vive staccando biglietti per i suoi “eventi” e che il Piano regolatore sociale di cui tanto si parla si adatterebbe a malapena a una città che non c’è più da 100 anni. Ma come? Non ha avuto il grifo d’oro? Allora si faccia gli affari suoi. Il giudice Sansa ha parlato del peso delle burocrazie di partito… Sansa chi? Quello che ha fatto il sindaco quando un bel po’ di amministratori della città erano finiti in galera? Ma come si permette. Non gli basta aver fatto il sindaco… E Coletti che chiede perché gli amministratori pubblici non decidono di portare i loro stipendi al livello delle regioni più sobrie… Ma cosa fa nella vita? Il professore? E allora pensi a insegnare…
(Manlio Calegari)