Interviste. Sansa da’ parole al disagio diffuso

“Mi preoccupa che appelli come quelli di Vittorio Coletti, che è un grande professore, che raccomanda alla classe dirigente regionale di ridursi lo stipendio, cada nel vuoto assoluto”; “la politica non ci soccorre”, il “ceto politico dovrebbe catalizzare una nuova spinta. Ma come se non si rinnova? Se invece si affida alle burocrazie di partito finisce male.


La sinistra non ce la fa: ha liquidato i movimenti, che avevano una funzione di spinta e di rinnovamento. Non guarda più alla piazza ma alle carriere dei singoli!”. Così Adriano Sansa a Repubblica-Il Lavoro domenica 5 giugno. Abbiamo atteso due settimane un cenno di reazione alla sua intervista. Solo silenzio, indifferenza. O imbarazzo?
Un tempo, neanche tanto lontano, dichiarazioni del genere avrebbero aperto una discussione tutt’altro che pretestuosa, visto che la voce di Sansa, magistrato eletto sindaco in nome della trasparenza, del bisogno di pulizia, interpreta un disagio tuttora presente e diffuso nella società. Ha usato parole dure come pietre. A cominciare dalla Costituzione, dicendo che è meglio lasciarla com’è, dal momento che non ci sono uomini “con la levatura morale e culturale e politica per rifarla”. Su Pittaluga in Regione sottolinea che “è stato un grave errore, anche se il professore è un buon tecnico. Neppure quando da ragazzini giocavamo a pallone prendevamo quelli della squadra avversaria con noi!”. Il cambiamento passa per “uomini nuovi. Temo che i ds non abbiano nel proprio personale uomini capaci a sufficienza, devono cercarli fuori, ma non è facile; e allora bisogna stare con il fucile puntato. In Regione è caduta la destra. Votando il centro sinistra molti hanno inghiottito troppi rospi per raggiungere quell’obbiettivo…”
Un’intervista da dimenticare, un dibattito da soffocare sul nascere? Può rispondere così solo un personale politico di serie B che si sente disturbato nei suoi interessi meno nobili e teme il confronto dialettico come una minaccia a nomine e posizioni scalate per carriera più che per passione.
(Giulia Parodi)