Il Secolo XIX/2. Le donne che fastidio in redazione
Il cambio è stato traumatico anche all’interno e “l’esterno” molto spesso non riesce a leggere che cosa accade dentro ai mezzi di informazione nei momenti in cui cambiano i direttori e gli assetti dirigenziali. Il lavoro di Ombretta Freschi ci aiuta, ma solo in parte, a decifrare che cosa accade nella redazione del Decimonono.
Il nuovo corso del Decimonono mosse i primi passi già nell’epoca Di Rosa.
Meno politica in tutti i sensi, un giornale molto localistico, “leggero”, di “servizio”. “Il Secolo XIX” è redazione di vecchia tradizione, sbuffa, si arrabbia e lotta. E fa 18 giorni di sciopero contro il piano di ristrutturazione che porterà a prepensionamenti e cassa integrazione. Il giornale l’11 maggio 2004 non è in edicola. Un comunicato Ansa riporta un documento del Consiglio di redazione: “Al centro della vertenza non c’è una ‘volgare’ questione economica, ma il rispetto della dignità delle persone e della correttezza delle relazioni sindacali, un tempo vanto e patrimonio degli editori del Decimonono e dai loro diretti collaboratori, oggi trasformate in carta straccia”
A poco più di un anno da quegli scioperi, il nuovo corso del Decimonono non solo continua, ma sembra accelerare, cosa che si può capire leggendo ancora la “gerenza”. Non c’è più Erika Dellacasa, prima donna a essere capocronista, prima donna vicedirettore del Decimonono. Ora è relegata a un ruolo marginale nella piccola edizione piemontese del giornale. Anche l’elenco completo della redazione pubblicato sulle pagine web qualcosa ci aiuta a capire. Nessuna delle donne giornaliste del Decimonono (solo 18 su 102!) compare oggi in un ruolo di responsabilità. Le donne, si sa, creano sempre un sacco di problemi: c’è la famiglia e ci sono i figli, il part time. Un fastidio.
La cancellazione di Erika Dellacasa e la conferma alla vicedirezione di Alessandro Cassinis fa partire il valzer di poltrone, trasferimenti, rimozioni, accantonamenti. I “sottoscala” del giornalismo in una redazione possono essere molti. In una decina di casi sulla quarantina di movimenti effettuati a maggio c’è tutto quello che si può immaginare. C’è chi subisce una vendetta, c’è chi è da sempre fuori linea solo perché vorrebbe fare il giornalista e basta, c’è chi si vorrebbe mandare via ma non si può perché “purtroppo” non ha l’età per la pensione e perché cacciarlo con una ristrutturazione costerebbe (per ora) troppo socialmente e sul piano dell’immagine.
Il compito è ancora quello di spendere sempre meno e di cercare di avere sempre più redditività e flessibilità cancellando posti, tentando ancora la carta di internet, approfittando dalla nascente fusione tra Tele Genova e Telecittà e stabilendo sinergie piene con l’Avvisatore Marittimo, ricco giornale di nicchia di proprietà Perrone, leader nel settore marittimo nazionale, dove non c’è più il direttore Vito De Ceglia, licenziato su due piedi (causa in corso) con l’accorpamento della direzione nelle mani di Vaccari.
Il Decimonono non “vola” nonostante la sua ritrovata leggerezza di contenuti. Siamo ben lontani dalle punte di 200.000 copie all’epoca di Michele Tito che lo ponevano tra i primi giornali del paese (cit., p. 391). Ora, secondo dichiarazioni di C. Perrone e L. Vaccari (p. 410, n. 263), scommette tutto sulla ridefinizione del profilo del giornale nel rispetto di un brand prestigioso, sul rafforzamento del core business, sulla ricerca del multimediale e sulla trasformazione dell’azienda in un’information company in grado di fornire notizie ventiquattro ore su ventiquattro. Sarà, ma sembra roba da “tre i” (inglese, internet, impresa).
(Oscar Itzcovich)