Elezioni. Rianimazione bocca a bocca da Catania a Bolzano

Il Devoto Oli (nessun grado di parentela col qui presente OLI) alla voce “rianimare-rianimarsi” spiega: recuperare una quantità appena sufficiente di energia fisica. Ha detto involontariamente bene, dunque, l’ex ministro Gasparri (TgUno di lunedì 23 maggio, ore 20), affermando che i risultati elettorali di Bolzano e di Catania servono a “rianimare” gli inquilini della casa delle libertà.


In effetti, quei 7 voti 7 raccolti in più dal centrodestra nel capoluogo altoatesino, come ha fatto eco il giornalista-fiancheggiatore Pionati, sono una sorta di respirazione bocca a bocca, un tentativo in extremis per tenere in vita chi è più di là che di qua.
Si può capire, di fronte alla drammaticità del caso, la spasmodica attenzione riservata dai media, non solo elettronici, alle vicende elettorali di questi due capoluoghi: un paio di mosche bianche (o nere) in un panorama italiano dove 12 regioni su 14 si sono tinte dei colori del centrosinistra. Per non citare il sonoro 4 a 0 subito dai berluscones nell’ultima tornata amministrativa in Sardegna. Insomma è l’eccezione che fa notizia, non la regola.
Forse anche Rutelli, memore di trascorsi giornalistici, è mosso dall’ansia dello scoop, dal bisogno di stupire. Potrebbe spiegarsi così il suo mini-strappo al listone (relativamente al proporzionale: un quarto dei seggi), gesto da molti interpretato come un involontario aiuto allo sgangherato carro perdente e uno schiaffo a quella parte sempre più grande del Paese che invoca l’unione e dice basta alle divisioni, alle polemiche incomprensibili, per liberarsi una volta per tutte di certa “brutta gente”, per dirla con Sansa.
Come se non bastasse lo stesso TgUno di lunedì, oltre alle diagnosi rianimatorie di Bolzano e Catania, ci offre involontariamente un altro spunto di riflessione, citando le elezioni locali in Renania, dove Schroeder ha perso piuttosto male (meno 5% in una roccaforte socialdemocratica) e ne ha tratto all’istante le conseguenze politiche. Semplicemente ha rimesso in anticipo il suo mandato, indicendo le elezioni generali in autunno. Così si fa normalmente in democrazia. Non in Italia.
(Camillo Arcuri)