Chiesa. Accolto il mafioso non il divorziato
Papa Giovanni Paolo II non era ancora stato sepolto che già dalla piazza si levava la richiesta di santificazione e dal salotto di Bruno Vespa la scelta compagnia degli ospiti, stimolata dal conduttore con un ditino sulla bocca e l’altro in tasca, disquisiva a lungo sulla materia, tra gli strepiti di monsignor Tonini e gli illuminanti argomenti di Antonio Socci su Mejugorie.
Da credente e da osservante ho invece una cosa molto semplice da chiedere al nuovo Papa. Mi metto nei panni di una persona che abbia subito il fallimento del proprio matrimonio e per rifarsi un’esistenza decente sia ricorsa al divorzio. Costui, o costei, al momento attuale è considerato dalla Chiesa pubblico peccatore, non può perciò, anche se come credente lo desidera (e ne conosco tanti), accostarsi all’ Eucarestia, mentre un condannato per stupro, violenza, omicidio o altro di peggio, invece, può farlo.
Al nuovo Papa vorrei chiedere se ritiene che sia cristianamente giusto tutto questo e se il parametro di giudizio della Chiesa debba continuare a essere la morale sessuale o/e non anche quella civile. Se per esempio, ferme restando le norme in vigore, non possano essere trattati alla stregua dei divorziati il mafioso, il camorrista, il corruttore, il distruttore dell’ambiente pubblicamente riconosciuti.
(Giovanni Meriana)