OLI 269: CULTURA – Antifemminismo in rete
Certo è passato molto tempo dal primo atto separatista, con il quale nel 1967 negli Stati Uniti le studentesse presenti alla conferenza nazionale della “Associazione studentesca per la società democratica” decisero di abbandonare il congresso e di riunirsi separatamente per discutere della questione “donna”.
Eppure il quasi mezzo secolo che ci separa da quello che può essere considerato l’inizio della storia politica del femminismo non è nulla rispetto alla distanza culturale che si è generata.
Basta un giro sui social network per capire come il termine femminismo oggi si sia svuotato di qualsiasi componente politica ed abbia perso significato per divenire spesso una etichetta da appiccicare ad eventi di cronaca e strumentalizzarli. Al contrario, l’antifemminismo è vitale e rigoglioso; se ne possono seguire le tracce attraverso una breve ricerca su Facebook.
Un gruppo si intitola “Il Nazi-Femminismo sia processato per crimini contro l’umanità a Norimberga!” e si presenta come voce di denuncia “in un mondo che non ha ancora dimenticato il nazifascismo è importante preservare la memoria e proteggere la società da tutte le possibili tentazioni di follia e dominio di un essere umano sull’altro” (2171 iscritti). Un altro “Il femminismo è una pratica anticostituzionale” (1156 iscritti), si appella agli articoli 3 e 29 della Costituzione italiana, che sarebbero infranti, nella tesi degli anonimi curatori, dai principi del femminismo.
Vi sono altri gruppi, come “Bigenitorialità e autodeterminazione sono inconciliabili per il femminismo” (1427 iscritti) o “Femminismo + separazioni = maschicidio! 2000 papà suicidi ogni anno in UE!” (2446 iscritti) che legano strettamente il femminismo al regime di affidamento dei figli in caso di separazione, ed al mancato riconoscimento del ruolo paterno nell’educazione di essi. La genitorialità sembra essere, dagli interventi leggibili nei gruppi, il territorio dove il conflitto uomo-donna è più acceso. Tanto che l’argomento permea quasi totalmente tutte le pagine antifemministe reperite nella ricerca.
Un altro gruppo, che si chiama insospettabilmente “Donne e Femminismo” (2419 iscritti), come gli altri senza amministratori, segue la falsariga dei precedenti, proponendosi di combattere i casi di misandria, denunciando gli effetti del “diritto sessuato”, ossia di squilibri della legge a discapito degli uomini che favoriscono le donne, citando a sostegno delle proprie tesi perfino i casi di infanticidio. Altra pagina insospettabile “Pari Opportunità”, riporta i medesimi link delle pagine precedenti e lo stesso livore antifemminista.
L’omogeneità dei contenuti farebbe pensare che tutti i gruppi menzionati facciano capo alla stessa persona o allo stesso gruppo di persone, gli iscritti sono tuttavia migliaia, uomini e donne. L’antifemminismo sul social network sembra di moda, più di quanto non lo siano, di questi tempi, i diritti delle donne.
(Eleana Marullo)