Dietro il voto. L’effetto Ciampi e il peso dei medici
Non raccontiamocela: una vittoria del genere non “se la credeva” nessuno.
Sì: i sondaggi dicevano, tutti speravano, qualcuno (si scopre solo oggi) aveva delle certezze. Nella realtà delle cose, in fase di consultazione della sfera di cristallo, nessuno aveva forse soppesato una cosetta non certo di poco conto, ma passata quasi sottaciuta. La cosetta era aver toccato, nelle modifiche costituzionali, le prerogative di Ciampi. Non del Capo dello Stato. Di Ciampi, cioè dell’altro nonno che qualunque famiglia vorrebbe avere, dopo Papa Wojtyla.
E toccare Ciampi mentre muore il Papa, quando cioè si prende contezza che, morto il più grande baluardo a difesa della pace, l’ultimo vero baluardo di tutela della nostra democrazia sta per essere incrinato… beh: c’è di che allarmarsi.
Come nelle famiglie con un figlio un po’ filibustiere i fratelli lasciano fare, finchè ci sono i genitori a garantire equilibrio, ma si scatenano guerre nel momento in cui anche uno solo dei due viene a mancare, così l’effetto-“morte del Papa” va visto in uno con l’effetto-“Ciampi superstite”: l’idea che qualcuno possa toccare il’unico garante rimasto ha fatto temere un reale, imminente pericolo, se non di un golpe all’argentina, quanto meno di una deriva ultragollista d’altri tempi.
Eppoi il Nostro Cavaliere se c’è una cosa che proprio non ha, è la statura di De Gaulle. Fisica e morale.
C’è ancora un altro aspetto di cui poco si è tenuto conto: che le elezioni regionali sono da sempre molto sentite nel mondo della sanità e per esse tradizionalmente questo mondo si mobilita con tutto il proprio potere di persuasione e di suggestione.
Come la Sinistra perse le Regioni nel 2000 a causa della sola promulgazione del decreto Bindi, allora visto come il fumo negli occhi in particolare dai primari libero-professionisti (e ora sono proprio i medici a difenderlo!), così oggi il Berlusca le ha perse per come s’è operato nella sanità: a parafrasare De Niro negli Intoccabili: “Chiacchiere e arroganza” (e porcate, potremmo aggiungere).
Così il mondo della sanità, che più di tutti ha dovuto subire in questi anni l’articolazione territoriale dell’arroganza berlusconiana, è quello che più s’è schierato
Lo stile del manager sanitario berlusconiano è infatti improntato a sorrisi a 52 denti di fronte al Nominante, ma diventa saccente ed ermetico quando parla in sede tecnica, per assumere atteggiamenti sprezzanti nel “tu per tu” col sottoposto, col questuante non raccomandato dal Nominante, ma anche col Dirigente imbrigliato da una contabilità imperscrutabile, gravata com’è da costi di assunzioni clientelari, di consulenze agli amici degli amici, da effetti di procedure d’acquisto eccepibili, da pubblicità su tv del Nominante, da favori scellerati con cui si sono inquinati di costi impropri e spropositati anche opere all’origine sensate ed opportune.
Quest’arroganza, questa supponenza per cui anche Direttori Generali di estrazione medica vogliono fare “gli strani” con i colleghi, usando un linguaggio ammantato di termini ragionieristico-anglofoni, questo svillaneggiare pubblicamente emeriti professionisti in virtù di un potere monocratico enorme, ha fatto nascere il bisogno di un “governo clinico” della sanità, in cui i Primari rivendicano un potere decisionale controbilanciante. E su questo fronte si trovano molti medici di sinistra, particolarmente presi di mira fino a poco prima delle regionali.
(Galeno)