OLI 279: CULTURA – Venere, Marte & Bondi

A questo punto – dopo i lazzi dei comici e la cospicua serie di articoli comparsi a stampa e on line in Italia e all’estero, a partire da quello di Carlo Alberto Bucci su La Repubblica dello scorso 18 novembre – il ministro Bondi dovrebbe avere un sussulto di dignità e, senza aspettare l’imminente mozione parlamentare a suo sfavore, rassegnare finalmente le dimissioni. Non tanto per il crollo di Pompei, di cui continua a proclamarsi innocente e di cui in effetti non è colpevole, pur essendone responsabile in quanto titolare del dicastero. Ben più grave della rovina della Domus gladiatorum è l’uso disinvolto e protratto nel tempo del nostro patrimonio culturale per arredare di volta in volta sedi istituzionali o padiglioni per incontri internazionali, sottoponendolo a spericolati lifting.
Questa è la vera indecenza: che il ministro per i Beni e le attività culturali continui ad avallare i capricci del premier e del suo architetto prediletto Mario Catalano, che considerano i musei non come pubblici luoghi di educazione, crescita civile e benessere collettivo, ma come magazzini di antiquariato di lusso da cui prelevare a piacimento pezzi con cui far bella figura con gli ospiti o per il proprio godimento. Per giunta, se il tempo edace ha deteriorato nei secoli qualche opera, la si rimette a nuovo in barba a ogni criterio di restauro contemporaneo, incuranti dell’indignazione degli addetti ai lavori. Del resto, tale approccio non riflette l’atteggiamento che Berlusconi e altri vecchi hanno nei confronti del proprio corpo, grottescamente modificato e imbellettato nel patetico tentativo di annullare i segni degli anni?
Se a parziale giustificazione del recente trasferimento a Palazzo Chigi di antiche sculture romane dal Museo delle Terme ci poteva essere la prospettiva altrimenti di un loro ricovero in deposito durante la ristrutturazione del museo, del tutto inaccettabile resta il “restauro” di Venere e Marte, che al prezzo di 70 mila euro ha rifatto mani e membro perduti, esponendoci al sarcasmo internazionale.
Non è un caso isolato, ma l’ultimo atto di una lunga serie. Non dimentichiamoci, ad esempio, dell’hollywoodiano-disneyano padiglione approntato da Catalano per il vertice Nato a Pratica di Mare nel 2002, arredato con una ventina di capolavori sottratti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. O del vistoso orologio dorato conservato nella sala del trono del Palazzo Reale di Genova, di cui Berlusconi si innamorò all’epoca dello sciagurato G8 del 2001, disponendone il trasferimento a Palazzo Chigi. Sarebbe ancora a Roma, se con abile mossa il direttore del museo, intervistato allo scoppio del caso, non avesse dichiarato candidamente che il pezzo era stato soltanto prestato alla Capitale per un brevissimo periodo, costringendo alla restituzione.
Ministro Bondi, se nei confronti dei beni culturali questo continua ad essere l’indirizzo del governo di cui lei è membro e che lei continua a sostenere, per favore si dimetta. Farà cosa gradita innanzitutto alla stragrande maggioranza di coloro che lavorano – a ogni livello – nel ministero da lei presieduto e poi alla gran parte di tutti noi cittadini italiani. Grazie.

(Ferdinando Bonora)