Operai. Liberare dalla paura la generazione nutella
“Tolta la paura, li hai con te!”. E’ l’epilogo dell’assemblea all’ILVA di mercoledì 13 aprile nella quale il sindacato ha fatto la figura della Croce Rossa, non quella di Scelli, ma quella sulla quale, per carità cristiana, non si deve sparare. Giovanissime le facce nel capannone sin dalle otto e trenta del mattino con un’energia che il sindacato non riconosce. Orecchie attente, poco inclini ad accettare motivazioni superficiali per il nuovo sciopero di categoria.
Tuttavia, il rituale al quale i rappresentanti delle confederazioni sono affezionati viene riproposto con ingenua monotonia: Berlusconi, l’Italia, il governo, il potere d’acquisto e la crisi industriale, ecco per cosa andare in piazza. Siamo certi che ci sarete! Inoltre – ma lo diciamo sottovoce per le trattative ancora in corso – sarete in piazza anche per il rinnovo del contratto.
“In questa società”, prende la parola un dipendente, “ci sono sei esentati… Uno di loro sarebbe in grado di fare una relazione dettagliata su questo sciopero e sulle iniziative successive?”. Al tavolo sono infastiditi. Si chiedono e chiedono con lo sguardo cosa si possa pretendere ancora che non sia già stato detto. Ripropongono la stessa portata sperando d’avere frainteso ma il malumore degli operai sale. Nessun applauso per il secondo intervento. Franco Grondona si guarda intorno, il polso della generazione Nutella segnala un’aritmia strana, il segretario descrive con pazienza infinita nel minimo dettaglio passato presente e futuro. Senza dimenticare i 3 dollari al giorno dell’operaio cinese ricorda che la FIOM pretende un aumento di centotrenta euro a fronte di una proposta di meno della metà, centesimi inclusi perché loro hanno fatto i conti precisi. “Venerdì”, aggiunge, “ci conteranno! Quindi è bene che ci siate”.
Lui è giovanissimo prende il microfono con timidezza e desiderio di precisione: “Voi mi dite di scioperare…Ma poi l’aumento lo prenderanno anche quelli che stanno dentro! Voi lo sapete, noi rischiamo che ci cambino di reparto!”; poi un altro: “Io vi dico questo! Non vi fidate! Sono dieci anni che ho chiesto al sindacato il passaggio di livello e sto ancora aspettando!”; e un altro ancora: “E tutti i nuovi assunti? Come potranno scioperare con il contratto che hanno?”
Franco Grondona è esausto: “Io, quando avevo la tua età me li portavo dietro tutti i ragazzi! Svuotavo i reparti e il sindacalista, quello d’apparato, quello che sono oggi io per te, lo lasciavo lì! Portali via anche tu! Vi cambiano di reparto? E allora qual è il problema? Che ti cambino di reparto! Cosa importa! Io alla vostra età non facevo meno di venti ore di sciopero al mese! ”; e altri ricordano il lavoro di tessitura del sindacato che ha ottenuto per i neo-assunti un contratto precario di soli tre anni e non di sei. Il disincanto è sulle facce di chi ha capito come andranno le cose. I ricordi di Grondona, sono gli stessi di un giovane che racconta: “Mio padre mi portava in manifestazione sulle spalle. Il collega che rimaneva dentro c’era anche allora…ma non ai nostri livelli! Il problema è la paura. Tolta la paura…”
(Giulia Parodi)