OLI 298: VITTORIO ARRIGONI – Morire senza un perché
Il 15 aprile nella casella mail arriva un appello dall’Associazione per la pace, che invitava a firmare per la liberazione di Vittorio Arrigoni, il giovane pacifista che viveva a Gaza, rapito il giorno 14 e apparso su youtube bendato e pestato. Troppo tardi.
Troppo tardi per firmare, troppo tardi perchè Vik era già morto, ucciso ancor prima che scadesse l’ultimatum dei suoi rapitori.
“Restiamo umani” era il suo blog, commoventi i suoi scritti: Stay Human, a conclusione di ogni intervento su http://guerrillaradio.iobloggo.com/
Folgorato dal barbaro embargo che Israele imponeva agli abitanti della Striscia, Vittorio viveva ormai a Gaza da tre anni, scortava nel mare i pescherecci, sfidava il blocco navale. Era palestinese persino nel passaporto concessogli da quella terra, dove la cecità dello Stato israeliano è paragonabile a quella dei Paesi fratelli di quel popolo, che a parole ma non con i fatti lo aiutano.
Finte democrazie arabe; in realtà in quasi tutta l’Africa e dintorni, sia pure con eccezioni, il potere è oggi dei militari, ed erano fino a ieri in vigore regimi autoritari fondati sulla forza, come in Egitto con una “democrazia socialista” presidenziale, eletta a suffragio universale da decenni. (Corriere della Sera, Giovanni Sartori, 15/4)
Non si può certo dimenticare come vivono i palestinesi nelle altre terre arabe, confinati da decenni in quartieri ghetto e campi profughi. Un popolo scomodo: non sono tanti quelli riusciti ad affrancarsi da una sorte segnata.
L’Onu, l’ Europa, il pontefice esprimono condoglianze per la morte di Vik, che non risultano pervenute dalla Lega Araba, mentre in Egitto per Vittorio funerali di stato, dopo le tante manifestazioni di solidarietà da parte dei palestinesi per l’amico, che condivideva le loro difficoltà.
L’ultimo scritto di Vik è del 13 aprile, per comunicare la morte di quattro palestinesi nel crollo di uno dei tunnel della sopravvivenza, che servivano a far passare viveri e ogni bene di prima necessità ai palestinesi. Nel suo racconto per PeaceReporter riassume i bombardamenti, le violenze, le uccisioni, un bollettino di guerra atroce e infinito: tanta pietà per i bimbi palestinesi, ma nessun accenno ai bambini israeliani trucidati da un palestinese in Cisgiordania il 12 marzo insieme ai loro genitori.
Non giovano alla causa della pace le parole della madre: “Israele non l’ha voluto da vivo. Non avrà il mio Vik da morto”, ribadendo il suo desiderio di far passare dal valico di Rafah, dalla parte egiziana, la salma del figlio e non da Israele.
Così la risposta all’appello dello scrittore israeliano Etgar Keret comparso sul Corriere della Sera il 17 aprile: “La madre ci ripensi. La nostra Terra merita speranza..Così quest’ultimo viaggio diventa simbolo dell’odio”. Purchè restiamo tutti umani.
(Bianca Vergati)