OLI 300: NUCLEARE – Una risposta semplice

Faccio riferimento all’articolo di Maurizio Montecucco su Oli 298, che ho letto con attenzione e che, naturalmente, non smuove la mia convinzione che la soluzione nucleare a fissione sia da scartare. Non tanto per i rischi legati al suo “normale” funzionamento (eludendo però come d’uso tra i fautori del nucleare, una serie di importanti fattori negativi dimenticati nei dibattiti, elencati più avanti), quanto per l’effetto devastante delle condizioni considerate “incredibili” dai progettisti, invece regolarmente verificatesi tre volte in trent’anni. Se un evento “top” viene escluso nelle analisi di rischio quando la sua aspettativa di accadimento è inferiore a 1×10-8 (si usa 1×10-6 come limite di credibilità nel settore petrolchimico ricadente nella normativa “Seveso”), mi chiedo come sia possibile che sia accaduto nella realtà con una frequenza statistica di 1×10-1 (un evento ogni 10 anni). Evidentemente qualcosa non funziona nella metodologia impiegata per la messa in sicurezza delle centrali, tanto meno nella tecnologia che si è dimostrata così fragile. Lo stesso Prof. Rubbia in un’intervista ha messo in dubbio la validità dell’analisi affidabilistica basata sulle tecniche attuali, quando si tratti di calcolare la sicurezza di impianti che, in caso di incidente, possono arrivare a mettere in pericolo la vita su intere aree del pianeta. A me sembra che si stia giocando con un fuoco troppo grande per essere tenuto sotto controllo per sempre, non ne siamo capaci. L’esposizione dei vantaggi del nucleare elencati nella sua lettera non parlano di quando l’impianto si rompe: a quel punto, del costo del kilowattora o della CO2 potrebbe interessare poco più di nulla.
Inoltre, i ragionamenti, i calcoli, la politica e le ragioni da lei portate a difesa del nucleare non tengono conto e non parlano affatto del problema delle scorie, della produzione del combustibile, dello smantellamento, che sono argomenti che attraverseranno la storia ben oltre la prossima generazione, lasciando un’eredità di potenziale inquinamento a fronte di una grande incertezza su quelli che potranno essere gli scenari politici e sociali che aspettano l’umanità.
Gli italiani si sono già espressi in passato dicendo di no, e non sarà certo la vampata di preoccupazione di Fukushima la causa della resistenza che ancora oggi si esprime forte e chiara contro il nuovo exploit nucleare di questo governo. Certo, la produzione di energia centralizzata è un obbligo per una classe politica legata al mondo industriale, anzi, industriale essa stessa, non si potrebbe tollerare che alcuno si faccia la sua corrente come crede, contento di limitare i propri consumi di fronte ad una impossibilità materiale di produrre di più ma in autonomia. Mentre quando la produzione viene sempre e comunque demandata a chi ne fa il business istituzionale, è chiaro che l’interesse sia quello di massimizzare i consumi ignorando totalmente la formazione delle persone al risparmio, a cominciare dalle scuole. Lampade a led ignorate, luci sempre accese in centri commerciali, scuole, uffici pubblici, interi palazzi di uffici, solo perché ormai nessuno sa più dove si trova l’interruttore, sono i sintomi di uno stato catatonico dei consumatori. E quando non sono i consumatori a consumare, sono gli apparecchi che nello stato “stand-by” consumano molto più di quanto l’UE aveva richiesto, su questo come saprà ci sono in corso inchieste.
Renda i consumatori produttori per sé stessi e ne vedremo delle belle. Via il monopolio Enel, via il nucleare, un’equazione quasi perfetta.


Intervista a Rubbia http://www.youtube.com/watch?v=ZfV8ZXIWNEk
Consumo stand-by http://www.iljournal.it/2011/troppo-dormire-impoverire-evitare-sprechi-energetici/202637


(Stefano De Pietro)