Edilizia. Al prezzo più basso il rischio più alto

Quando si verifica un incidente mortale sul lavoro, nelle sedi sindacali la notizia giunge in anteprima, e la categoria di riferimento, molto spesso gli edili, va sul posto, fa una dichiarazione alla stampa, si attiva per un ennesimo incontro con i responsabili di sempre.


Quando questa sequenza si ripete – l’ultima volta lo scorso 12 Marzo in occasione dell’infortunio mortale nell’ex cartiera di Mele – il senso di frustrazione e di inutilità che ne deriva è micidiale, perché tutto è già successo, e tutto tornerà a ripetersi: incontri, impegni e facce contrite inclusi.
Il punto infatti non sta nella catena di cause di quel singolo, specifico incidente (la soletta che non regge, la struttura nuova che cede…) ma nel contesto organizzativo ed economico che rende quell’incidente, o un altro analogo, una certezza statistica.
Ma, viene da chiedersi, qual’è il “contesto organizzativo ed economico” per cui, negli ultimi due anni, tre dei dieci incidenti mortali in edilizia occorsi nella nostra provincia sono avvenuti in cantieri che operavano nell’ambito di commesse pubbliche?
Ricordiamo gli episodi:
– 8 Novembre 2003 muore Albert Kolgjegia nel crollo di un’ala del Nuovo Museo del Mare, impresa committente la Porto Antico SpA, società a capitale misto (80% Comune di Genova e 20% Camera di Commercio)
– 21 Giugno 2004 muore Adriano Bortazzoli durante i lavori di copertura della nuova piscina comunale di Prà
– 12 Marzo 2005 ad Acquasanta muore Maurizio Materazzo, schiacciato da una soletta mentre lavorava in subappalto in un cantiere di Sviluppo Genova SpA, società partecipata dal Comune di Genova al 51%.
Un’idea abbastanza precisa sulle condizioni di contorno che determinano il ripetersi di infortuni mortali anche in un ambito che dovrebbe essere tra i più controllati e tutelati, la avanza il segretario della FILLEA-CGIL Venanzio Maurici che, in una intervista pubblicata su Corriere Mercantile del 15 Marzo scorso, ha detto: “Abbiamo scoperto che le condizioni proposte nell’appalto dei lavori di Mele erano state criticate dalle associazioni che riuniscono le società di edilizia perché ritenute troppo basse per consentire che il lavoro si svolgesse in condizioni di sicurezza. Ci chiediamo come abbia fatto a garantirle la ditta che si è aggiudicata il lavoro”.
Chiarissimo. Fuga delle ditte “serie” da condizioni di appalto insostenibili, e via libera alle dittarelle del lavoro nero.
Sarebbe opportuno e urgente un passaggio di fase, magari ispirandosi alle indicazioni della “Dichiarazione di Bilbao”, firmata il 22 Novembre 2004 nel corso del vertice europeo sulla sicurezza nell’edilizia. Qualche idea per la nostra Amministrazione comunale e per tutti i soggetti pubblici? Assumere come priorità il controllo delle condizioni di appalto, correggendo in modo drastico la tentazione al ribasso di qualche zelante dirigente o funzionario; investire nella istituzione di un proprio servizio di ispezione e vigilanza che giri per i cantieri pubblici; lanciare una campagna di informazione sulla sicurezza e sui diritti tra i lavoratori che operano nella catena degli appalti delle commesse pubbliche.
(Paola Pierantoni)