OLI 309: SOCIETA’ – New economy, tra “Compra oro” e Monte di Pietà
Sulle pagine genovesi di La Repubblica del 6 luglio sono apparsi alcuni articoli sul boom dei “compra-oro”: in questo momento di crescente difficoltà economica, molte famiglie, spesso anziani, trovano nella vendita dei gioielli di famiglia il modo più veloce di affrontare una spesa imprevista, o semplicemente di arrivare alla fine del mese. I “compra-oro” nascono e muoiono in pochi mesi, i negozi sono sparsi un po’ in tutta la città: l’oggetto venduto viene valutato sul momento, il prezzo, non contrattabile, si aggira a circa la metà della quotazione dell’oro (16-18 euro contro 33), il giro d’affari di un piccolo negozio è valutato sui cinquemila euro mensili, ma altri raggiungono cifre ben più elevate. I vari articoli affrontano altri aspetti, quali la comparsa di compratori che offrono valutazioni a domicilio, ed in tal caso il passo verso la truffa è a portata di mano.
Un commento al problema è dato dall’intervista a Don Marco Granara (rettore del Santuario della Guardia e presidente della Fondazione Antiusura) che, se da un lato invita ad una prevenzione del fenomeno attraverso una maggior coscienza critica su consumi necessari e superflui, dall’altro lato punta il dito contro la classe politica, spesso pronta ad autorizzare l’apertura di nuovi casinò, sicuramente redditizi per le finanze erariali, ma portatori di fenomeni di dipendenza.
La panoramica si conclude con un trafiletto riguardante il Monte di Pietà, gestito dalla Carige, sito nel palazzo di fronte al teatro Carlo Felice: qui, recita l’articolo, “un grammo d’oro lo pagano 6-7 euro, circa un terzo della quotazione ufficiale”: trascorsi 4-6 mesi dalla scadenza, gli oggetti non riscattati vengono venduti all’asta.
Naturalmente tale servizio non è confrontabile con quanto offerto dai negozi “compra-oro”: infatti, mentre al Monte di Pietà gli oggetti sono riscattabili, i “compra-oro”, per il bene venduto, offrono un corrispettivo in denaro e la transazione è conclusa ed irreversibile.
A livello legislativo, l’ordinamento dei Monti di Pegno è regolato dalla Legge 10 maggio 1938, n. 745 (*), parzialmente modificata dal Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (Decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385) ed ancora dal Decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342: sulla stima rimane comunque valido l’art.12 della legge del 1938, che recita: “Il giudizio di stima è fatto da un perito, il quale deve garantire all’ente mutuante in caso di vendita all’asta della cosa costituita in pegno, l’integrale ricupero dell’importo del prestito e dei relativi interessi ed accessori”.
Da qui la diversità di valutazione tra i “compra-oro” ed il Monte di Pietà, istituzione antica che ha svolto un indubbio ruolo sociale.
Che continui a svolgerlo ancora oggi, mentre sono così carenti forme di microcredito e di sostegno al reddito meno penose e umilianti, lascia però un senso di disagio.
A maggior ragione sarebbe interessante avere un’evidenza pubblica delle rese finali delle vendite all’asta, di come vengono svolte, dei guadagni dei compratori che frequentano abitualmente questo mercato della miseria.
(*) http://www.isaonline.it/s/gestione/show-main-frame.inc.php?url=/mag/Legge745-1938.html
(Ivo Ruello)