Guerra sporca. Domande senza risposta sull’affare Calipari

E se il “tragico incidente” al check-point dell’aeroporto di Baghdad celasse uno scenario degno di Ustica o di Sigonella? E se fosse stato Nicola Calipari il vero obiettivo di quello che potrebbe essere un agguato in piena regola?


E se i servizi segreti italiani, sempre seguendo l’ipotesi di un attentato riuscito contro Calipari (e soltanto incidentalmente anche contro Giulana Sgrena), avessero pagato con questa “esecuzione” la loro autonomia organizzativa? E se dunque gli americani avessero voluto lanciare un segnale, non soltanto contro l’ipotesi di riscatto in caso di sequestri in Iraq, ma contro l’intraprendenza di una “rete” informativa orgogliosa della propria indipendenza e particolarmente solida, fin dai tempi della riuscita missione del generale Angioni a Beirut o del pasticciaccio somalo?
E se la presenza a un passo dalla scena del “tragico incidente” dell’ex ambasciatore americano nella Baghdad “liberata”, John Negroponte, fresco capo dell’agenzia di “superservizi” Usa, non fosse del tutto casuale? E se il “tragico incidente”, anche volendo considerarne Calipari il bersaglio, si fosse realizzato su più piani, all’interno di una lotta tra servizi italiani e servizi americani, e nel tempo stesso dentro la logica di una lotta intestina tra i nuovi organigrammi spionistico-informativi di Negroponte (che negli anni Ottanta addestrava o quanto meno incoraggiava, dall’ambasciata Usa in Honduras, gli squadroni della morte e il terrorismo della narco-contra nicaraguense) e la vecchia Cia, messa un poco da parte dopo i fallimenti della “rete” irakena e l’11 settembre 2001, e considerata non abbastanza “aggressiva”?
E se, in definitiva, nessuna commissione d’inchiesta “mista” potesse giungere a verità inconfessabili, che alimenterebbero l’immagine di una “sporca guerra” che s’insinua perfino tra alleati? E se le parole di Silvio Berlusconi sul progressivo ritiro da settembre del contingente italiano non fossero uno spot elettoralistico, ma un contro-avvertimento al partner americano perché non tocchi l’indipendenza d’azione dei servizi informativi italiani, tanto preziosi in una zona del mondo nella quale gli interessi italiani non si limitano alla salvaguardia della vita di eventuali ostaggi, ma fanno spesso da battistrada ad “aperture” europee (Libia, Iran)?
Dietrologia, fantapolitica, o addirittura antiamericanismo. O quel che si vuole. Anche perché queste domande, quale che sia il loro reale peso, sono destinate a restare senza risposta.
(Mauro Bocci)