OLI 314: SOCIETA’ – Ambiguità del multiculturalismo
In Oli 313, Saleh Zaghloul denuncia, giustamente, “la confusione delle parole”, e l’ambiguità che accompagna l’utilizzo di termini come multiculturalismo e società multietnica. Appunto sul senso, e sulle implicazioni, di queste parole si erano concentrati alcuni interessanti interventi nel corso del convegno “Punto G, genere e globalizzazione” (Genova, 25 giugno 2011 – vedi anche Oli 307 e Oli 308).
Houzane Mahmoud, attivista Kurdo-Irakena, non aveva usato mezzi termini: “Non ha senso parlare di femminismo islamico. L’Islam è una forma addizionale di violenza. Le donne devono lottare per una costituzione laica … Le donne occidentali di sinistra che affermano che non dobbiamo imporre i valori occidentali non conoscono il contesto. Noi abbiamo rischiato la nostra vita per uno stato laico”
Gita Sahgal, scrittrice, giornalista, attivista per i diritti umani e delle donne, di nazionalità indiana, aveva concentrato il suo intervento sulla necessità che il rispetto per le diversità e le culture trovi un limite quando queste sono in contraddizione con i diritti delle donne. Molto netta la critica alla politica dei governi occidentali, che nella lotta al terrorismo praticano forme di alleanza e di compromesso con movimenti islamici moderati, anche quando la contropartita è l’introduzione della Sharìa, e l’accettazione della violenza verso le donne.
Maryam Namazie, giornalista iraniana, attivista dei diritti umani è stata nettissima: “Il relativismo culturale e il multiculturalismo in una realtà formata da comunità incasellate e separate, mette il rispetto delle tradizioni al primo posto, e i diritti al secondo. E’ il razzismo delle aspettative basse e dei doppi standard.” Namazie attacca con decisione anche la presunta “libertà di scelta” delle donne “Le donne scelgono? Non c’è possibilità di scelta sotto l’inquisizione. Nell’inquisizione sei solo colpevole”.
Soad Baba Aissa, nata in Francia da genitori algerini, attualmente dirigente presso il Ministero degli Interni francese, si definisce sindacalista e militante femminista laica. Il suo intervento è una forte denuncia del “doppio fronte” contro cui si trovano a combattere le associazioni femministe laiche: “da una parte i partiti di destra, che fanno proprio l’integralismo religioso; dall’altro le forze progressiste che hanno abbandonato l’ispirazione laica in nome del dialogo interculturale”.
Queste quattro attiviste e intellettuali denunciano che “i diritti delle donne non fanno parte del tutto dei diritti universali”. Sono mercanteggiabili. Ci si può giocare sul filo dell’ambiguità della “libera scelta”, del “rispetto delle altre culture, delle tradizioni”. I cambiamenti procedono inevitabilmente con passaggi graduali, ma richiedono una radicalità e una nettezza nel pensiero e negli obiettivi.
Osservo che Genova ha ospitato un dibattito internazionale su uno dei nodi principali in cui si dibatte la nostra società, quello appunto di quali debbano essere le basi legislative su cui costruire una società che ospita diverse culture, rispettando e tutelando i diritti di tutti i suoi componenti, senza che la stampa cittadina ne abbia minimamente dato conto.
(Paola Pierantoni)