Alto rischio. Bavaglio militare a giornali e TV
Il disegno di legge delega per la revisione delle leggi penali militari (di pace e di guerra), recentemente approvato al Senato e di prossima votazione alla Camera, prevede, nei luoghi oggetto di missione militare italiana, l’applicazione della legge penale militare di guerra, anche se lo stato di guerra non è stato dichiarato, punendo in tale contesto ciò che viene ritenuto illecita raccolta, pubblicazione e diffusione di notizie militari.
Ciò comporterebbe tra l’altro, nell’attuale tempo di guerra (o pace?) permanente, l’applicazione degli articoli 72 e 73 del Codice Penale Militare di Guerra dove è previsto che: chiunque si procura notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare, la dislocazione o i movimenti delle forze armate, il loro stato sanitario, la disciplina e le operazioni militari e ogni altra notizia che, non essendo segreta, ha tuttavia carattere riservato, per esserne stata vietata la divulgazione dall’autorità competente, è punito….con la reclusione militare (cioè in un carcere militare) da due a dieci anni. Mentre chi diffonde o comunica tali notizie è punito con la reclusione militare da cinque a venti anni.
Così giornalisti, membri di un Ordine giuridicamente riconosciuto e chiunque altro scopra “verità scomode” si troverebbe, a meno di una scelta di disobbedienza civile, nella condizione di dover non vedere, non sentire e non parlare (come le famose tre scimmie). L’obiettivo di questa revisione dei codici penali militari è, di fatto, quello di offrire un contributo normativo alla costruzione del nuovo ordine (o disordine) globale e alle teorie della guerra permanente. Normare l’emergenza bellica per normalizzare la guerra.
Diventa alto così il rischio di una definitiva decostituzionalizzione del concetto di “tempo di pace” e “tempo di guerra”, sino a una integrale perdita di senso di quanto stabilito dall’art. 11, il cui valore quale principio fondamentale della nostra Costituzione è stato già pesantemente messo in discussione da altri atti decisi da questo e da altri governi e precedenti assemblee parlamentari del nostro Paese.
Oggi più che mai (il tragico epilogo del caso Sgrena lo dimostra) è necessario tentare di recuperare un’altra idea di codice militare, incardinato sui principi costituzionali, che riconosca la centralità del parlamento (e non di un governo delegato) e che soprattutto sia in grado di fare i conti con quel ripudio della guerra che è parte integrante della Costituzione repubblicana e ormai anche coscienza diffusa dell’opinione pubblica (italiana e internazionale).
L’urgenza di reagire alla sistematica compressione delle garanzie costituzionali, affermando e salvaguardando con forza la libertà di informazione ed il diritto ad informare ed essere informati, principio alla base della capacità di controllo e valutazione dell’operato delle istituzioni, sta spingendo a varie iniziative per far sentire la voce del Paese più civile.
Per le adesioni o per dare la propria disponibilità ad attivarsi è possibile mandare una email direttamente all’indirizzo artundici@libero.it o chiamare telefonicamente Manuele Messineo al 349/5705059.
(Rete di Lilliput e Art.11 di Roma)
Ndr: In vista della votazione alla Camera del disegno di legge delega per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, sul sito “Ostinatiperlapace.org” è pubblicato un appello da spedire direttamente ai parlamentari
(http://www.ostinatiperlapace.org/ostinati/articles/art_9950.html)