OLI 354: INFORMAZIONE – Amber Lyon e gli altri: chi racconta (a proprie spese) la verità sul Medio Oriente
Amber Lyon, giornalista della CNN, fu inviata l’anno scorso in Bahrain per documentare la rivolta in quel paese. Con mille difficoltà riesce a produrre un filmato sulle repressioni più brutali operate dal regime sostenuto dagli Stati Uniti. Il documentario, che ha ricevuto riconoscimenti dalla critica: è stata recensito da Glenn Greenwald sul Guardian, ed è stato insignito di numerosi premi giornalistici (come il 2012 Gold Medal), ma non è ancora andato in onda sulla CNN e nel marzo del 2012 la giornalista è stata licenziata dalla CNN col pretesto di fare parte un “movimento indipendente” con lo scopo di cedere all’esterno i documentari investigativi di proprietà del network. Amber Lyon ha così commentando il suo licenziamento: “A questo punto, non posso che considerare il mio stipendio come dei soldi sporchi che servono a farmi stare in silenzio. Sono diventata giornalista per esporre, non per aiutare a nascondere le malefatte. Non sono disposta a tacere su questo ancora a lungo, anche se questo è significato perdere il lavoro.” Per chi vuole approfondire ecco l’intervista di Amber Lyon su RT.com. pubblicata su Youtube. Qui invece troverete l’articolo di Glenn Greenwald del Guardian (è, a mio parere, il miglior giornalista occidentale che si occupi di Medio Oriente e politica estera in generale). Un altro giornalista bravo e coraggioso è Andrew Hammond, il corrispondente dal Medio Oriente della Reuters. Egli è unico nella sua conoscenza della regione: parla correntemente l’arabo ed ha una mente indipendente. Gli arabi americani consigliano vivamente la lettura del nuovo libro di Hammond (in inglese), The Islamic Utopia. A proposito della Reuters, è stata forse l’unica ad accorgersi la settimana scorsa della manifestazione in Tunisia dei laici tunisini contro il governo islamico, ed ha raccontato la situazione tragica nella quale si trova la popolazione siriana schiacciata tra il martello del regime e l’incudine dei ribelli, in particolare della parte più debole (donne e bambini) e povera della popolazione: “molti poveri siriani assediati nelle zone di guerra hanno smesso di fuggire. Sono tornati a casa con la sola speranza di morire con un po’ di dignità”. (). Sulla Siria segnalo inoltre queste parole dette da una donna siriana e riportate dall’Economist del 27 ottobre: “Bashar Assad è un cane, è un assassino – dice una madre di otto figli – ma, non ci piacciono neanche i combattenti. Siamo stanchi e vogliamo la pace”.
(Saleh Zaghloul)