OLI 358: MAFIA – La Liguria, la mafia, e il ruolo delle donne
Ho preso il quaderno prima di uscire, ho pensato che avrei avuto qualcosa da scrivere: Anna Canepa, Enza Rando, Nando Dalla Chiesa. Titolo dell’incontro: “Contro la mafia perché donne”. Troppe poche sedie, un orario diverso da quello stabilito, un’accoglienza fredda, ma c’era ben altro a cui prestare attenzione.
Partiamo dall’importanza della consapevolezza, del quanto sia rischioso credere di essere immuni.
Anna Canepa ci ricorda: due comuni liguri sciolti per mafia, qualche problema c’era e c’è. Le mafie al nord si manifestano soprattutto nell’ambito di riciclaggio, reinvestimento e reimpiego di denaro sporco, derivante da traffici illeciti. Si vede meno, insomma, ma non esiste pensare di essere immuni.
Così come, prosegue la magistrata, non esiste pensare, dopo gli anni ’70, che le donne non abbiano un ruolo, non abbiano niente a che fare, non c’entrino nulla, negli affari delle mafie. Le donne si occupano dell’educazione dei figli, in particolare hanno il ruolo di trasmettere loro il codice “dell’onore”, quello che impone la vendetta rispetto ad un torto subito. Inoltre, quando gli uomini ai vertici delle organizzazioni criminali si trovano in carcere sono le donne a prendere in mano il potere. Sono state considerate da sempre affidabili e precise, scrupolose.
Anche per questo, quando qualcuna decide che “non ci sta più”, se il sistema la riporta a sé spesso la fa scomparire, sciogliendo il corpo nell’acido, perché della persona non resti più traccia, come si diceva fosse accaduto a Lea Garofalo, testimone di giustizia vittima di un omicidio mafioso i cui resti, la notizia è di questi giorni, sarebbero invece stati in parte ritrovati. La figlia potrebbe piangere su qualcosa, finalmente.
Le donne sono nella mafia, con ruoli spesso chiave, le donne sono contro la mafia, spesso invisibili, lo sono come magistrate, come avvocate, come amministratrici. Cercano di fare il loro dovere. Enza Rando, avvocata dell’associazione Libera, rievoca con parole dense e pesantissime la sua esperienza, parla di Canepa “giudice ragazzina”, parla della conquista delle scuole, della lotta per presidiare il territorio, della palestra bruciata come ammonimento, della continua tensione, della partecipazione della gente. Tutta.
Nando Dalla Chiesa parla di un’altra palestra bruciata. Ma a Milano. Uno sgarbo fatto dalla nuova amministrazione, un’assegnazione “malfatta”, la ‘ndrangheta si fa sentire.
Ci dicono che dove non si spara non c’è mafia, si festeggiano le assoluzioni degli imputati per mafia nei processi, si dice che finché le sentenze non confermeranno la presenza della criminalità organizzata “anche al nord” la conclusione sarà semplice: la mafia non c’è”.
Mai – Canepa chiude, ho passato un’ora e mezza attentissima, senza perdere una parola – pensare che in mancanza di sentenze ci si possa sentire tranquilli. La criminalità organizzata, parliamo del nord, si fa vedere quando accade qualcosa, l’invisibilità significa solo collusione e infiltrazione, dunque, per loro, non certo per noi, tranquillità. La gente comune, al di là degli errori o del non voler guardare della magistratura, dovrebbe non chiudere mai gli occhi, essere consapevole, partecipare e riconoscere. Solo attraverso il riconoscimento si può ovviare all’insufficienza culturale che porta ad un silenzio che prestissimo diventa omertà.
Solo la responsabilità condivisa e la presa di parola forte e solidale con chi e di chi ha scelto di stare “dalla parte della parte offesa” potranno cambiare radicalmente le cose, giorno per giorno.
Ho fatto bene a prendere il quaderno…
(Valentina Genta – immagine da internet)