OLI 371: INFORMAZIONE TV – Si dice(va) donna
Tilde Capomazza oggi è un’anziana signora, come molte, ma non tutte, le donne che il 20 marzo avevano riempito la sala della Provincia per la presentazione del libro “La tigre e il violino”, storia della trasmissione televisiva “Si dice donna” che lei aveva diretto per quasi quattro anni, dal 1977 agli inizi del 1981.
L’autrice del libro, Loredana Cornero, interessata ed esperta di temi della rappresentazione femminile in televisione, non era presente.
Il compito di coordinare l’incontro era di Silvia Neonato, giornalista, all’epoca una delle redattrici che Tilde Capomazza aveva chiamato accanto a sé per realizzare quella che lei definisce “la prima ed ultima trasmissione femminista di donne per le donne” che sia mai apparsa in TV.
La più vecchia di noi, racconta Silvia Neonato, aveva 32 anni, eravamo un piccolo gruppo di donne giovanissime a cui era stato affidato il compito di raccontare “un Paese che cambia”. E in quegli anni a cambiare erano soprattutto le donne.
Non si trattava di una trasmissione di nicchia, ad orari improbabili, si trattava di un’ora e un quarto di servizi (storie di vita, talk show, inchieste) in prima serata.
La puntata più disgraziata ebbe quattro milioni e mezzo di ascolti, e si raggiungevano punte di nove milioni.
Tilde Capomazza dice: “Tentavamo di essere complesse senza perdere chiarezza”. Parole che sono musica oggi che siamo degradati da un linguaggio politico giocato su semplificazioni volgari. Ma il linguaggio che usavamo, ricorda Tilde, era diretto, non usavamo perifrasi. Le donne dicevano di sé, della loro sessualità usando parole mai pronunciate in TV: coito interrotto, la prima notte di nozze subita come una violenza, quanto si era rivelata deludente la sessualità nel matrimonio, il non aver mai visto nudo il proprio marito, il rapporto con i clienti raccontato dalle prostitute.
E poi le inchieste sul lavoro delle donne, e lo sguardo sulle altre realtà: il ruolo delle donne in Cina, un parto in acqua filmato in Olanda, in anni in cui la visione di un parto era fuori discussione. Anni in cui l’Osservatore Romano declamava “I movimenti femministi non possono stravolgere la natura femminile. Strappata da una famiglia patriarcale la donna si trova in una realtà drammatica, ma la casa è il suo rifugio”.
Anni in cui Tilde Capomazza, donna dell’Azione Cattolica alla ricerca della sua strada per diventare giornalista, si sentiva dire dal Direttore della Rai di Napoli “Lasci stare, si trovi un bel marito …”, e da altri “Lei è una brava ragazza, pensi piuttosto alla maternità”.
Tilde dice “Questo miracolo potè compiersi perché sotto c’era un movimento femminista, e perché c’era questo canale televisivo che si voleva differenziare”.
Nel 1975 infatti la riforma della Rai aveva reso possibile la nascita di Rete 2, politicamente vicina ai partiti di sinistra e laici (PCI, PSI e PRI), sotto la direzione del socialista Massimo Fichera.
Una donna tra il pubblico commenta: “Era una trasmissione dentro un’epoca”. L’esperimento si chiuse agli inizi del 1981: ci attendevano gli anni ’80, e l’ultima trasmissione dedicata al tema dell’aborto segnò la parola fine. Fichera fu sostituito, Tilde Capomazza messa a far niente, tutte le altre redattrici mai più chiamate a collaborare in TV. La trasmissione fu dimenticata, mai più citata in nessuna occasione. Inutilizzabile perfino nel curriculum, dicono le protagoniste. Il flusso delle parole nella sala della provincia viene interrotto due volte dalla proiezione di spezzoni tratti dalle Teche della Rai. Il pubblico resta incantato a vedere quelle immagine così belle, così vere.
Il libro, corredato da un DVD con immagini della trasmissione, è attualmente esaurito. L’augurio è che la Rai si decida a ristamparlo.
(Paola Pierantoni – Immagine da Internet)