OLI 373: TEATROGIORNALE – Maschere in una città che muore
– Stiamo camminando tra le strade di una città che fu. La guida ha un ombrello alzato, dietro i croceristi camminano in fila per due, macchine fotografiche e adesivi SMC. A fianco le guardie giurate scortano il gruppo.
– Questa città è pericolosa? Chiede una grassa cinese con i capelli biondi che escono da un cappello di paglia.
– No signora, è che in questi paesi decaduti non si sa cosa può succedere. Gli abitanti sono perlopiù impauriti e rimangono chiusi nelle loro abitazioni, ma non bisogna abbassare la guardia. Un tempo questa città era ricca, è stata la prima città che ha venduto una strada, via Garibaldi, al governo Indiano aprendo così il “mercato delle città”. Finché era solo via Garibaldi gli abitanti potevano passare per altre strade o carrugi, come le chiamano qui le strade strette. In breve la situazione era diventata ingestibile: sembrava che tutto il modo volesse accaparrarsi un pezzo d’Italia.
A furia di vendere strade, per ripianare i debiti del comune, le case private sono diventate delle prigioni, gli abitanti non potevano più uscirne, pena multe salatissime. La legge del 2015 ha dato la possibilità di passaggio sulle strade, non più pubbliche, solo indossando abiti tradizionali.
Ecco, potete ammirare alla vostra sinistra una Colombina con un Pulcinella insieme a un piccolo putto alato.
Sull’altro lato del marciapiede una famiglia in abiti sintetici e colorati sta litigando.
– Osservate l’uso delle mani, gli Italiani hanno una gestualità esasperata, il teatro nel sangue. Se fate silenzio potete ascoltarne la lingua, un canto.
Il Pulcinella alza il braccio destro e stringe le dita, rivolto verso la Colombina in lacrime:
– Ma che cazzo vuoi?
– Che bello, possiamo dare qualche spicciolo all’angioletto? – chi parla è una Turca dallo smalto verde con degli Swarovski.
– Signora, aspetti che la guardia li chiami. La guardia fa segno al Pulcinella di avvicinarsi.
Pulcinella smette di urlare e fa segno alla donna di andare dalla fila di turisti col bambino alato.
La Colombina saluta e ringrazia aprendo il grembiule mentre il bambino passa tra le signore a raccogliere Yen, Lire Turche, Dollari e per gettarli tra le gonne della mamma.
Il Pulcinella si toglie il cappello e declama:
– Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la diritta via era smarrita.
I turisti applaudono, la guida fa segno alle guardie di allontanare la famiglia Pulcinella.
Sono ancora in Via Balbi e devono arrivare a San Lorenzo prima di pranzo per la performance dell’orchestra del Carlo Felice, ormai ridotta a orchestra di strada.
La moglie della guida è il primo violino, i turisti non devono finire tutti i soldi con i Pulcinella, gli Arlecchini e i Pantaloni improvvisati che incontrano.
Suoneranno Vivaldi, la primavera. I brasiliani l’adorano. Genova, la sua città, una città che fu.
E da qualche parte risuonano le parole del poeta: Genova palpitante. Mio cuore. Mio brillante.
(Arianna Musso – foto da internet)