Regione liguria gente concreta. Più della maggioranza conta la lobby del capo
Mercoledì 5 maggio doveva essere il giorno del processo politico al capo della gente concreta, il presidente della regione Liguria, ragionier Sandro Biasotti. L’opposizione l’aveva preparato con cura: lo scopo era chiedergli conto di circa 900.000 €, un paio di miliardi di vecchie lire, spesi dal nostro in “propaganda e comunicazione” ad esclusivo vantaggio della propria immagine.
Spesi con successo perché mentre il credito della giunta regionale di centro destra diminuisce ogni giorno, il credito elettorale di Biasotti sembra inossidabile. Biglietti gratis al concerto, computer per gli anziani, telefonino estivo contro il caldo e poi tanta propaganda, spot televisivi e depliants: è la principale attività del presidente che trova anche il modo di irridere ai suoi oppositori frastornati dalla sua impudenza. Voi ci patite – gli ha detto pressapoco – perché a me le idee vengono prima che a voi.
In verità non di idee si tratta ma di modeste trovate propagandistiche che però agli elettori liguri costano parecchio. Ancora più grave se si guarda alla situazione di tracollo finanziario della Sanità regionale il cui disavanzo ha toccato i 47.6 milioni di €, che in lire fanno un centinaio di miliardi. La supponenza con cui Biasotti ha risposto, irridendola, all’opposizione è solo l’atteggiamento irresponsabile di un politico in declino? O il suo non è un modo di fare che sta inquinando pericolosamente la vita politica regionale?
Sono due i segnali che Biasotti ha mandato ripetutamente in questi mesi. Uno, il più vistoso, è quello di del presidente-uomo-della-provvidenza. Qualche esempio: appoggia la protesta dei cittadini di Pedemonte contro il ponte sul Pernecco, distribuisce ingressi teatrali, telefonini e computer, assume come consulenti regionali i ferrovieri licenziati dalle ferrovie e via di seguito, come una padre lungimirante e anticonformista che non sta al gioco della politica che prevede che faccia il presidente della regione e non il sindaco o il presidente della provincia o quello del Cap. Il secondo messaggio è quello che lo stesso Biasotti ha definito in un recente intervento, vantandosene, “attività di lobby”; una attività di cui, ha precisato, “con notevole lungimniranza” lui stesso da tempo s’è fatto personalmente carico. Di cosa si tratta? Lobby significa gruppo, pressione e Biasotti ha dedicato il tempo del suo mandato a organizzare per l’appunto un suo gruppo di pressione che opera dentro e fuori della sua maggioranza e che sta estendendo la sua influenza in molti settori strategici della politica e dell’economia regionale.
Tanto per fare un esempio non è certo un caso se, sempre il 5 maggio scorso, quando la minoranza lo stava mettendo sotto accusa, ha sentito il bisogno di riunire nel suo ufficio non i responsabili della sua maggioranza o i suoi assessori, ma “gli uomini del re” cioè i suoi uomini a cominciare dal fac totum e parente Alex Amirfeiz, e poi il presidente di Filse, Ersu, Arte, Sviluppo Italia Liguria, il consigliere nominato nel Carlo Felice e l’editore De Ferrari (la cultura!). Tutti qui? No. Gli uomini di Biasotti sono molti di più e non potrebbe essere diversamente essendo Biasotti ben deciso a far da solo e a non seguire la sua maggioranza nella prevedibile frana elettorale. E chi sono?
A dircelo dovrebbe essere la stampa cittadina che farebbe bene ad occuparsi di più delle attività di lobby del presidente della regione. Se così facesse potrebbe dare spiegazioni più convincenti ad esempio dell’avversione diversamente incomprensibile manifestata da Biasotti verso la candidatura di Carena alla segreteria dell’autortà portuale genovese e quella di Canavese alla presidenza dell’autorità portuale savonese . E’ molto probabile che per entrambi i casi Biasotti non abbia obbiezioni politiche né tecniche. Forse dipende invece dal fatto che Carena e Canavese non sono o non sono ancora uomini del re.
(Manlio Calegari)